AVEZZANO – Una frode da 9 milioni di euro nei confronti dello Stato tramite l’evasione delle imposte sui prodotti petroliferi. A finire nei guai un imprenditore di Avezzano titolare di una società con sede legale a Roma. Secondo quanto emerso dalle indagini dell’Agenzia delle dogane, l’azienda vendeva gasolio e prodotti petroliferi, principalmente ad Avezzano, senza pagare l’Iva. I funzionari dell’Agenzia Dogane e Monopoli (Adm) in servizio presso la Sezione Antifrode e Controlli dell’Ufficio di Roma 1, insieme ai funzionari del Nucleo Operativo Accise a seguito di una impegnativa attività di analisi, hanno concluso una verifica nei confronti di una società con sede legale a Roma ma che commercializza prodotto energetico in provincia dell’Aquila e più in particolare nella Marsica.
In particolare si tratta di un imprenditore di Avezzano su cui si sono concentrate le indagini, continuazione di altre operazioni di verifica già concluse nei confronti di operatori del settore, che hanno già consentito all’Ufficio di Roma 1, in stretta collaborazione con l’Ufficio Antifrode della Direzione Territoriale IV Lazio e Abruzzo, di accertare evasioni d’imposta di oltre 600 milioni di euro nel biennio 2020-2021, garantendo quindi una capillare azione di contrasto alle frodi nel settore dei carburanti e nel contrabbando di prodotti energetici.
Le cartiere, compagini societarie fittizie, vengono interposte nelle transazioni commerciali, nello specifico in transazioni che avvengono tra imprese italiane, al fine di procurare un illecito risparmio di imposta tramite utilizzo di fatture per ”operazioni soggettivamente inesistenti” ossia poste in essere realmente ma tra soggetti differenti da quelli indicato sul documento fiscale; pertanto l’imposta sul valore aggiunto di tali operazioni risulterà indetraibile poiché afferente ad operazioni fittizie per le quali manca il requisito della certezza.
Un meccanismo speculare era stato creato per quanto riguarda le fatture emesse, per le quali venivano simulate cessioni verso paesi extra UE, a fronte delle quali mancava la Dichiarazione Doganale di esportazione che avrebbe attestato la non imponibilità dell’operazione. La complessa operazione non solo ha permesso l’interruzione delle attività fraudolente e l’accertamento imposte evase per 9 milioni di euro, nonché sanzioni per circa 15 milioni, ma ha anche impedito il perpetuarsi della frode.
La Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma è stata informata dell’operazione al fine di procedere per i reati concernenti, rispettivamente, la dichiarazione infedele e l’occultamento delle scritture contabili.