di Leonardo Alfatti Appetiti
Nell’ultimo anno abbiamo assistito alla crescita selvaggia di una distorta versione di una storica professione nata oltremanica: il “Tipster”, ovvero, traducendo la definizione inglese che ne dà Oxford Languages: “una persona che dà consigli, soprattutto sul probabile vincitore di una gara o di un concorso.”
Il luogo d’azione privilegiato dei nuovi tipster è l’app di messaggistica Telegram che, grazie alla possibilità di creare canali, rende fluida e istantanea la comunicazione con i “consigliati”.
“Prendetene e mangiatene tutti, sono un Dio generoso” oppure “Aiutarvi a vincere: un dovere/ vedervi urlare di gioia: un onore” sono solo alcune delle autoreferenziali frasi che rimbombano sui canali Telegram dei tipster. Il culto della personalità sembra essere il comune denominatore tra gli esponenti più in vista di questa categoria. Evidentemente è una strategia vincente, i loro seguaci su Instagram e Telegram aumentano a dismisura spinti dal desiderio di emulazione. In effetti, alcuni tipster sono veri e propri influencer: ostentano un alto stile di vita, mostrano strascichi di vita intima e fanno dirette con i propri fan per coinvolgerli e presentarsi a loro in una veste più umana e accogliente possibile. La promessa di vincere grandi somme in breve tempo fa gola, soprattutto nel mondo post Covid in piena crisi economica. La combinazione di più elementi che fanno breccia nella “pancia” dell’utente è una vera e propria trappola mortale.
La maggioranza dei tipster, alla prova dei fatti, non guadagna con le schedine che neanche gioca veramente, ma tramite i fan. I “consigliatori” si affiliano alle stesse milionarie piattaforme di betting (che loro, in teoria, dovrebbero “fregare”) e offrono ai loro ammiratori, con l’esca di un piccolo bonus, link per l’iscrizione a questi siti di scommesse. Più persone si iscrivono e giocano attraverso questi link più i tipster vengono pagati dalle società e più le società riguadagnano sopra i nuovi iscritti. Un business dal potenziale altissimo. A dimostrazione del fatto che i “Robin Hood” di Telegram non sono temuti dai bookmakers ma ne sono anzi uno strumento. Il modus operandi del tipster disonesto è glorificare i (pochi) guadagni e far dimenticare (cancellandole proprio) le tante perdite, costruirsi un’immagine di vincente agli occhi dei seguaci e far sembrare il tutto semplice come bere un bicchier d’acqua ed il gioco è fatto.
Ad onor del vero, sarebbe necessario specificare che all’interno di questo mondo-truffa esiste anche una nicchia di appassionati competenti e leali che si avvolgano di sofisticati metodi che condividono con il pubblico di Telegram. Tuttavia i siti di scommesse offrono collaborazioni perfino a loro, mostrandoci come siano pochi gli utenti che riescono a seguire con disciplina un sistema di gioco e ad evitare di buttarsi alla cieca dopo il primo intoppo.