Quella che si sta vivendo al carcere di massima sicurezza di Sulmona è una situazione che dire drammatica rappresenterebbe quasi un eufemismo.
Ai 66 detenuti ritrovati positivi fa da contraltare un senso di abnegazione e di spirito di sacrificio da parte del personale di polizia penitenziaria che non ha eguali nella mia quasi trentennale esperienza vissuta all’interno delle carceri italiche.
Non sarebbe assolutamente riduttivo affermare che quello che i poliziotti penitenziari di Sulmona stanno facendo in questi giorni rappresenta un misto fatto di coraggio, umanità, pazienza e, soprattutto, resistenza. Volendolo identificare in un unico sostantivo quello che i baschi blu sulmonesi stanno dimostrando di mettere in campo è puro eroismo.
Sul fronte della gestione amministrativa, come era pensabile accadesse, va sottolineata la forte criticità che si sta avendo nel gestire i tanti, troppi detenuti positivi presenti in carcere.
Da qui la rabbia nel non aver visto accettare l’unica proposta che avrebbe potuto rendere tutto molto meno complicato.
Infatti da tempo la UIL, la cui proposta è stata successivamente avallata dalla Direzione del carcere, ha chiesto l’istituzione di un reparto ad oc nell’eventualità ci fossero stati casi di positività tra i detenuti.
So che il provveditore regionale non si è opposto. Mi chiedo a questo punto, però, il motivo per cui ciò non sia stato fatto.
Se la richiesta di conversione del reparto collaboratori fosse stata accettata avremmo da subito potuto contare su decine e decine di posti letto. Il tutto in un contesto ideale visto che il reparto collaboratori si trova ubicato in un luogo isolato dal resto delle aree detentive.
Altra criticità che non può non essere evidenziata è da ricondurre alla gestione dei detenuti ricoverati.
Non siamo esperti nel campo sanitario ma ci fidiamo di quello che gli infermieri, autentici angeli oltre che preziosi collaboratori che ivi vi lavorano, ci dicono.
Ascoltando loro il posto ove attualmente insistono i detenuti non risulterebbe idoneo. Secondo gli stessi andrebbero allocati in altri presidii che però l’ASL 1 allo stato attuale sembra non sia stata capace di individuare.
La domanda nasce spontanea….Ma è mai possibile che non si sia presa in seria considerazione la possibilità che in Abruzzo anche un detenuto avrebbe potuto avere la necessità di essere ricoverato per Covid?
Personalmente non sono un esperto nel campo per cui mi limito solo ad ipotizzare.
Tuttavia l’augurio che mi faccio è che in ordine a questa mancanza non vi siano da imputare un domani grosse irresponsabilità.
Di certo è che se si fosse attrezzata un’area in carcere con il relativo potenziamento dell’organico sanitario è molto probabile che oggi non staremmo a parlare di questo.
Chissà forse mi sbaglio?