ABRUZZO – La pandemia e i ripetuti interventi dello Stato, a più livelli, stanno modificando la società, e in molti casi i cambiamenti sono destinati a rimanere irreversibili. I settori dell’economia e del diritto, che hanno diretta influenza sulla quotidianità, sono ideali per capire la portata della rivoluzione. Se ne è parlato nel 34esimo incontro di un “Un libro, il dialogo, la politica”, la rubrica in diretta Facebook curata da Michele Fina, incentrata sul testo “Il diritto e l’eccezione. Stress economico e rispetto delle norme in tempo di emergenza” (Donzelli), assieme agli autori dei saggi che lo compongono: Niccolò Abriani (professore ordinario di Diritto commerciale), Gian Carlo Caselli, (magistrato, Osservatorio Agromafie), Alfonso Celotto (professore ordinario di Diritto costituzionale), Fabrizio Di Marzio (professore ordinario di Diritto privato), Stefano Masini (Coldiretti, professore di Diritto agrario e alimentare) e Giulio Tremonti (presidente Aspen Institute Italia, già ministro dell’Economia).
Il libro è stato scritto nel corso della prima ondata della pandemia e, secondo Fina, “oggi si può rileggere alla luce della seconda”. Introducendo gli interventi degli autori, ha citato tra l’altro l’impennata della produzione normativa degli ultimi mesi a più livelli, le scelte coraggiose dell’Unione europea, la complessità di contemperare salute e tenuta economica.
Tremonti ritiene che negli ultimi mesi una cascata di fenomeni “abbia hackerato il software della globalizzazione, e la rottura del meccanismo ci apre a un mondo diverso. Parafrasando Hobbes, si potrebbe dire homo homini virus, vista la costante diffidenza che si è instaurata nei rapporti sociali”. Per quanto riguarda l’aspetto dell’Unione europea, l’ex ministro dell’Economia ha notato come questa per reagire alla pandemia abbia rivoluzionato se stessa “permettendo gli aiuti di Stato e azzerando il Patto di stabilità e crescita. Il Recovery Plan, poi, segna un principio di modifica dell’assetto dell’Europea, positiva”. Tremonti ha criticato alcuni aspetti della conduzione nazionale, quella che ha definito “un’impropria dialettica tra centro e territori”, e ha ravvisato per il governo le possibilità costituzionali di accentramento, non utilizzate.
Celotto ha sottolineato come “la crisi sia stato amplificatore di problema istituzionali già noti, che riguardano il rapporto tra il governo e il Parlamento e con gli enti locali. Su entrambi i versanti è esplosa la difficoltà di trovare un punto di bilanciamento adeguato”. In particolare, il problema di coinvolgere il Parlamento su misure che riguardano i diritti e l’economia, e il rapporto conflittuale tra livello centrale ed enti locali.
Di Marzio ha rilevato come la legislazione dell’emergenza “incida e alteri la quotidianità”, ma registrato alcuni potenziali occasioni, come lo stimolo alla collaborazione e alla solidarietà sociali, e il possibile avvicinamento della legislazione ai cittadini, un “rinnovato interesse per il diritto che è educazione civica”.
Caselli ha messo in guardia “dagli spazi di opportunità che si sono aperti per le mafie a causa della crisi” e invocato la “riforma dei reati in materia agroalimentare”, su cui si attende l’approvazione del Parlamento dopo quella del governo. Il sistema giustizia è in sofferenza per il sostanziale stop ai tribunali: “La cultura cartacea dominante non è pronta e l’arretrato sta paurosamente aumentando. Occorreranno per recuperare riforme radicali, da terremoto. Poi i problemi del carcere, che si stanno aggravando”. Il magistrato ha auspicato che la pandemia possa comunque fare da innesco a una ritrovata coscienza civica su temi come l’ambiente e la mafia.
Abriani ha messo in luce come nel corso della prima fase di emergenza ci sia stato “un progressivo affinamento degli strumenti adottati”, per quanto riguarda il sostegno alle imprese, una volta scelta la canalizzazione bancaria. Rimane per il futuro la possibilità di “superare la visione bancocentrica, per cercare soluzione più elastiche”, come le azioni da convertire in obbligazioni.
Masini ha ricordato quanto la crisi abbia evidenziato il ruolo centrale dell’agricoltura, che esce rafforzata anche da una generale rivalutazione della campagna. Rimangono alcuni insegnamenti per la ripartenza: la consapevolezza che la delocalizzazione della produzione agricola è possibile solo entro certi limiti, la presa d’atto che la tecnologia è necessaria ma non basta per costruire equità e tutela ambientale, la necessità di fare tesoro della capacità di organizzare filiere, l’impegno alla digitalizzazione e a guardare con attenzione alla questione demografica e in generale al territorio.
Il dialogo è disponibile a questi link
https://www.youtube.com/watch?v=lJxikUsTmps
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