L’AQUILA – “Spero che la gente si renda conto che è sbagliato abbassare la guardia ed affidarsi al rischio calcolato o del ‘si salvi chi può’, altrimenti non c’è coscienza civile, credo che anche se non siamo ai livelli di marzo, tante situazioni si potevano evitare non andando in vacanza all’estero o in località italiane a rischio”. Così il primario del reparto di rianimazione dell’ospedale dell’Aquila, Franco Marinangeli, sulla riapertura del reparto di rianimazione covid nel cosiddetto G8, il piccolo ospedale limitrofo al San Salvatore, realizzato dopo il terremoto del 2009 in occasione del grande evento che si è svolto all’Aquila. La struttura è stata riaperta ieri sera con un primo modulo di sei posti per il ricovero di un 71enne di Celano (L’Aquila) postivo al covid affetto da polmonite bilaterale e intubato per problemi respiratori.
“In Italia c’è un aumento, ma non siamo in emergenza anche se bisogna fare i conti con l’effetto della riapertura delle scuole – spiega ancora Marinangeli il quale sottolinea che “dobbiamo stare attenti con un impegno banale, perché i santuari non sono più disposti a fare gli eroi come fatto ad inizio d’anno”.
“Clinicamente sappiamo più cose, la vera sfida è lavorare su due fronti evitando di andare a penalizzare l’area no covid per non compromettere le altre cure e recuperare le prestazioni non fatte durante la emergenza per le quali c’è un piano per una maggiore attività già da settembre. L’aumento dei casi non deve andare ad incidere a questa progettualità di recupero – continua il rianimatore -. Contestualmente, dobbiamo essere pronti a casi di contagiati asintomatici che arrivano in ospedale per dei traumi e problemi di salute. Ma comunque il tema è fortemente spostato sulla capacità organizzativa – conclude Marinangeli.