ABRUZZO – Ben 103 cooperative, 2.762 soci, 3.012 dipendenti, e un valore economico di 254.881.040 milioni di euro. Sono numeri significativi, relativi alle sole realtà socio-sanitarie associate a Confcooperative Abruzzo, ma che già da soli testimoniano che gli indispensabili servizi sociosanitari ed educativi in Abruzzo sarebbero a rischio per una larga fetta della popolazione senza l’apporto decisivo della cooperazione. E tutto questo in un contesto di povertà crescente, già denunciato nei giorni scorsi, che vedrebbe allargarsi significativamente la fascia di quanti non potranno permettersi servizi di qualità. È quanto sostiene Confcooperative Abruzzo, per bocca del presidente Massimiliano Monetti e Ida Guetti, presidente di Federsolidarietà Abruzzo, l’organizzazione di rappresentanza politico-sindacale delle cooperative sociali, mutue ed imprese sociali di Confcooperative.
“Si tratta – dicono – di un mondo che, in piena emergenza coronavirus, ha continuato a lavorare instancabilmente, a volte reinventandosi, più spesso sacrificandosi, ma dimostrando che quando si parla di “territorio”, i protagonisti già ci sono: sono le realtà che gestiscono le case di riposo, gli operatori che fanno assistenza domiciliare integrata, conoscendo persone, comunità, risorse e problemi. Sono quelle persone che hanno reso meno drammatica l’emergenza per tantissime persone fragili, nelle strutture residenziali come nelle loro case. Anche loro vanno annoverati tra gli “eroi” di questa fase storica”.
Questi protagonisti vogliono continuare a giocare la loro partita, in un contesto di difficoltà crescente. “Il futuro di queste realtà cooperative – specifica Monetti – dipende anche da come gli enti locali applicheranno l’articolo 48 del decreto legge n. 18 del 17 marzo 2020, meglio noto come “Cura Italia”, che prevede che durante la sospensione dei servizi educativi e scolastici e dei servizi sociosanitari e socioassistenziali le pubbliche amministrazioni sono autorizzate al pagamento dei gestori privati dei suddetti servizi per il periodo della sospensione. In altri termini, si prende finalmente atto che l’interruzione del servizio è originato da cause di forza maggiore e che le sue conseguenze non possono dunque ricadere sul gestore e i suoi lavoratori”.
Ma c’è di più: “Non si tratta solamente di applicare un dispositivo di legge – dice Ida Guetti – ma anche di sfruttare l’occasione per comprendere una volta per tutte che, nella programmazione delle azioni future, ci sarà bisogno di più cooperazione, di più sociale, a partire dal riconoscimento del valore professionale, economico ed umano di questo ambito. Non a caso, nei vari tavoli come Federsolidarietà stiamo avanzando numerose proposte su numerosi aspetti della gestione del sistema socio-sanitario, in un’ottica costruttiva che ci ha sempre caratterizzato. Ne va del futuro delle nostre comunità, oltre che di tanti lavoratori che rischiano di trovarsi, dall’oggi al domani, senza occupazione”.
[su_note]COMUNICATO STAMPA[/su_note]