AVEZZANO – Le cronache nazionali ci hanno portato spesso dentro le residenze per anziani. Anziani soli, abbandonati, maltrattati da chi dovrebbe vigilare sulla loro incolumità. Dimenticati al buio di una stanza e privati anche degli affetti più cari. Queste sono le immagini a cui ci stanno sottoponendo in questi ultimi giorni: molti stanno morendo di coronavirus e forse nemmeno lo sanno. Il caso più eclatante risale solo a pochi giorni fa, quello del Pio Albergo Trivulzio di Milano, definito un massacro.
Dall’inizio dell’emergenza sanitaria da coronavirus, i carabinieri del Nas hanno chiuso 15 strutture sanitarie nazionali, gli ultimi dati arrivati dal Nord Italia parlano di circa 248 morti per Covid all’interno delle Rsa, dove il 30% degli ospiti è risultato essere positivo.
“Il tema dei decessi per coronavirus nelle Rsa è venuto in evidenza da qualche tempo, l’Istituto superiore di sanità (Iss) sta facendo un’indagine approfondita sulle condizioni dei pazienti e sulle cause di morte, attendiamo gli esiti” – ha dichiarato il capo della Protezione civile, Borrelli – “Come dipartimento siamo intervenuti in supporto alle sanità regionali, inviando infermieri e medici”.
Nella Marsica, fortunatamente, al momento siamo in grado di stabilire che non emergono casi di maltrattamenti o morte. Da una prima indagine avviata dalla nostra redazione, abbiamo avuto modo di interloquire con Carmen Ercole, coordinatrice della struttura Residenza dei Marsi San Bartolomeo, gestita dalla Cooperativa San Rocco e presieduta dal dottor Umberto Aimola.
“La Residenza dei Marsi è privata e non sovvenzionata dalla Regione, nonostante questo abbiamo immediatamente attuato quello che ci è stato dettato tramite le normative e i decreti, ci siamo mossi man mano che venivano regolamentate tutte le disposizioni.
Il nostro è un lavoro sociale, quindi tuteliamo la classe debole, motivo per cui abbiamo attuato da subito tutte le ordinanze. Fino ad ora abbiamo anticipato tutte le mosse, nel senso che, quando ad esempio ci avevano chiesto di chiudere o di non fare entrare i parenti, avevamo già provveduto.
I familiari ci hanno appoggiato sin da subito e noi abbiamo appoggiato loro: qui dentro c’è un mondo che è cambiato dal momento in cui abbiamo dovuto chiudere le porte.
Noi operatori ci siamo rimboccati le maniche, tutti i dipendenti stanno osservando dei comportamenti corretti anche fuori dalla residenza, perché gli unici veicoli adesso siamo noi. Possiamo affermare che siamo circondati da persone meravigliose, che si stanno dando da fare comportandosi in maniera corretta ed impeccabile.
I parenti avvertono la lontananza e, a loro volta, i pazienti ancora di più. Abbiamo quindi acquistato telefoni e tablet aziendali per mantenere i rapporti a distanza e per sfatare tutto l’accanimento mediatico che c’è stato a livello nazionale e che ha generato solo del male, facendo recepire ai familiari informazioni negative. Ogni giorno ci chiamano e noi cerchiamo di tranquillizzarli stabilendo un filo diretto, appunto, tramite video chiamate e video messaggi. In occasione della Pasqua, ad esempio, abbiamo realizzato un flash mob ed un video di auguri.
Abbiamo inoltre uno staff di animatrici che, durante la giornata, fanno fare loro delle attività, quali la ginnastica dolce con una musica apposita, biodanza o dei lavoretti. In questa maniera riescono ad occupare la giornata.
La residenza per anziani non deve essere identificata come un abbandono, non è così. Tutte noi abbiamo un rapporto diretto con i parenti. Nel momento in cui arrivano qui è perché non hanno un’alternativa valida o concreta per tenere a casa queste persone. La nostra struttura è aperta h24 ai visitatori, per questo, l’imposizione di non poter più entrare è stata molto sofferta, più che dagli ospiti, che in realtà è come se si trovassero a casa loro, dai congiunti. Noi operatori siamo un punto fisso di riferimento per i pazienti, non sono mai lasciati soli o abbandonati. Sono dolcissimi e noi li dobbiamo proteggere perché sono una categoria debole. Per tutelarli, appunto, ci muoveremo passo passo e andremo con i piedi di piombo verso la riapertura, quando ce ne sarà data possibilità. La nostra scelta è risultata giusta e sono tutti al sicuro, non registriamo casi positivi e possiamo affermare che non c’è nessun contagio.
Noi dipendenti attuiamo un percorso di sicurezza, nessuno entra nei reparti senza aver effettuato tutti i passaggi obbligati e utilizzando tutti i dispositivi di sicurezza, che fortunatamente abbiamo avuto modo di reperire, non senza difficoltà, in quanto ci siamo attivati già dai primi segnali di emergenza. Ora siamo pronti, abbiamo tutti i kit di emergenza: dagli occhiali alle visiere. Abbiamo un reparto, dislocato con un accesso esterno, per gestire un’eventuale caso positivo. Il mio intento è quello di rassicurare le famiglie: in un momento così difficile da gestire non possiamo abbassare la guardia e dobbiamo essere razionali. Gli ospiti sono protetti al 100%, c’è serenità e contatto serrato con le famiglie. Il nostro è un lavoro che nobilita l’animo e che va fatto in un certo modo e soprattutto con un elevato senso di umanità”.
La struttura conta 100 persone, che provengono dalla Marsica, da Pescara e da Roma.
Quello delle residenze per anziani è un mondo di esperienze, di vita vissuta e di emozioni che valgono la pena di essere ascoltate e raccontate. Non possiamo chiudere gli occhi di fronte ai maltrattamenti a cui vengono sottoposti gli anziani, ma non possiamo nemmeno generalizzare, pensando, che in tutta Italia il sistema funzioni così.
Ci sono delle belle realtà, come quella che abbiamo avuto modo di scoprire oggi attraverso il nostro servizio.
Tra tre mesi compirà 100 anni uno dei “nonni”, con la speranza di essere tornati ad un barlume di serenità e di aver superato la fase critica, la nostra redazione si è fatta strappare la promessa di poter assistere ai festeggiamenti.