AVEZZANO – Undici lunghi anni sono passati da quella notte, tra il 5 e 6 aprile 2009, durante la quale la terra tremò violentemente a L’Aquila, spezzando le vite di 309 persone e seppellendo sotto le macerie i sogni e il futuro di intere comunità. Oggi, come allora, le date che coincidono con la domenica delle Palme e l’inizio della settimana di Pasqua. Oggi, come allora, il dolore rinnovato e reso ancor più amaro dalle tante vittime causate dal Coronavirus. Oggi, come allora, si piangono i morti in solitudine senza poter avere la vicinanza o la consolazione dei propri cari.
L’Aquila in lutto così come, oggi, lo è l’intera Italia. A causa delle restrizioni legate all’emergenza del Covid-19 non è stato possibile lo svolgimento della fiaccolata, come avvenuto negli anni passati, ma è stata svolta una cerimonia alla presenza del prefetto della provincia dell’Aquila, Cinzia Torraco, del sindaco del capoluogo abruzzese, Pierluigi Biondi, e il primo cittadino di Barisciano, Francesco Di Paolo, in rappresentanza dei comuni del cratere. Le tre autorità, su mandato dei Comitati dei familiari delle vittime, hanno così rappresentando il sentimento della popolazione colpita dal drammatico evento del 2009.
Ma il buio della notte è stato squarciato dall’illuminazione del centro storico aquilano con installazioni posizionate in alcuni luoghi simbolo della tragedia del 2009: via XX Settembre, Casa dello Studente, Piazzale Paoli, via D’Annunzio e Convitto. Mentre un fascio di luce azzurra, simbolo di speranza, è stato proiettato verso il cielo ed ha illuminato piazza Duomo, luogo di svolgimento della breve celebrazione. Ad illuminare il cammino verso la speranza di una nuova rinascita collettiva si sono unite le migliaia di luci accese, durante la notte, alle finestre o sui balconi di tutte le case degli italiani, che hanno raccolto l’appello del sindaco Biondi e del Comitati familiari delle vittime (raccolto anche da numerosi Comuni italiani, Anci, e associazioni) per commemorare le vittime del sisma e tutti coloro che, in questi giorni, stanno perdendo la vita in solitudine a causa del virus.
Anche il silenzio è stato rotto, a sua volta, alle 3:32 della notte dai 309 rintocchi delle campane della chiesa in memoria delle vittime.
L’Aquila, dunque, simbolo del dolore ma anche della speranza e della rinascita dell’Italia tutta: “Il dolore – afferma il sindaco aquilano Pierluigi Biondi –, è stato ed è la spinta per un processo di rigenerazione che stiamo portando avanti con convinzione e determinazione. In questo momento intendo rivolgermi a tutti i sindaci d’Italia, in particolar modo a quelli dei territori maggiormente colpiti dal Coronavirus e ormai da settimane in prima linea, insieme al personale ospedaliero, in questa difficile battaglia. A loro dico – continua – che, nonostante il dolore, la profonda sofferenza e il sentimento di impotenza davanti alle migliaia di lutti che colpiscono familiari e amici devono assolutamente credere nella speranza, devono tornare a imparare a sperare insieme ai loro concittadini”.
Anche il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha voluto dimostrare vicinanza al popolo aquilano inviando un messaggio: “Nel giorno dell’anniversario desidero rinnovare i sentimenti di vicinanza e solidarietà a tutti gli aquilani, a quanti nei paesi e nei borghi limitrofi hanno condiviso sia quei momenti tragici sia gli affanni della ripartenza, ai nostri concittadini di numerosi altri territori del centro Italia che, nel breve volgere di pochi anni, si sono trovati a vivere drammi analoghi e ora sono impegnati, come a L’aquila, per restituire a se stessi e all’Italia la pienezza della vita sociale e i valori che provengono dalla loro storia. La ricostruzione de L’Aquila resta una priorità un impegno inderogabile per la Repubblica. I cittadini hanno diritto al compimento delle opere in cantiere, al ritorno completo e libero della vita di comunità, alla piena rinascita della loro città”.
Un percorso lungo e difficile fatto di sofferenza e devastazione che hanno segnato profondamente il capoluogo abruzzese che, a distanza di undici anni, mostra ancora sul proprio territorio numerose ferite e cicatrici, che la ricostruzione non è riuscita ancora a lenire del tutto per far tornare la città viva, come lo era prima del sisma.
A tutto ciò si somma un evento, tanto eccezionale quanto pericoloso, qual è la pandemia che siamo chiamati ad affrontare in questo momento storico. Ancora una volta l’Italia è chiamata a rispondere ad una difficile quanto sofferta sfida, la più grande dopo il secondo dopoguerra. Distanti ma, nel contempo, vicini e uniti da uno stesso obiettivo. La resilienza, il coraggio e la forza che dimostra il nostro Paese nell’affrontare questi difficili momenti, senza perdere mai la speranza, sapranno presto far vedere la luce in fondo al tunnel per intraprendere un percorso di ricostruzione emotiva, sociale, economica.