Denuncia per stalking telefonico
Lo stalking telefonico, dunque, esiste: ne è la prova una recente sentenza della Cassazione (Cass. sent. n. 29292/19 del 4.07.2019) secondo cui è legittimo parlare di molestie tutte le volte in cui, pur a fronte di fatture non pagate, il debitore viene tempestato di telefonate più volte al giorno.
Nel caso deciso dalla Corte, a farne le spese è stato l’amministratore della società incaricata del recupero crediti da un’azienda fornitrice di energia elettrica: a lui era imputabile la ben precisa strategia aziendale di ricorrere ad insistenti e pressanti iniziative finalizzate al recupero del credito, «così anteponendo gli obiettivi di profitto al rispetto dell’altrui diritto al riposo e a non essere disturbati».
Questo non toglie che, anche quando non fosse possibile dimostrare che la tecnica telefonica aggressiva proviene “dall’altro”, ma è frutto dell’iniziativa individuale del singolo operatore del call center, il debitore molestato potrebbe, piuttosto che denunciare la società di recupero crediti, sporgere la querela contro il primo. Querela che andrà presentata – se non se ne conosce il nome e il cognome – contro «persona da identificare», ma comunque pur sempre valida.
La Cassazione ricorda a tutti che il reato di molestia e disturbo alle persone (dai più chiamato «stalking telefonico») può scattare anche in presenza della pur legittima azione di recupero crediti: la richiesta, rivolta insistentemente dal creditore e finalizzata a ottenere dal debitore il pagamento di una fattura, non può essere spinta oltre i confini della «petulanza». Un uso smodato del telefono, proprio allo scopo di infastidire l’altra parte, è infatti sufficiente per far scattare il reato.
Secondo il Codice penale, chiunque, in un luogo pubblico o aperto al pubblico, ovvero col mezzo del telefono, per petulanza o per altro biasimevole motivo, reca a taluno molestia o disturbo è punito con l’arresto fino a sei mesi o con l’ammenda fino a 516 euro. (Art. 660 cod. pen.)
In base a quanto hanno detto sino ad oggi le aule di tribunale, il reato di molestie scatta quando il creditore, nel pretendere il pagamento al telefono, usi modalità moleste e petulanti: ad esempio assillanti squilli a tutte le ore del giorno e della notte. (Trib. La Spezia, sent. n. 132/2015) Nel caso deciso dalla sentenza in commento si trattava di ben otto telefonate al giorno.
Di conseguenza, il creditore che sconfini nella sfera privata altrui, violando il riposo, può rispondere penalmente del suo comportamento. Si pensi alle chiamate fatte durante le ore di riposo, oppure ripetute continuamente. Ai fini della configurabilità del reato non hanno rilievo le “pulsioni” che hanno spinto ad agire e, pertanto, sussiste il reato in questione anche nel caso in cui si arrechi molestia o disturbo alle persone allo scopo di esercitare un proprio diritto o preteso diritto, anche se ciò avviene con modalità arroganti, impertinenti o vessatorie (condannata, nella specie, una donna che, lamentando dei crediti non versati, tempestava di chiamate notturne i due debitori insolventi) (Cass. sent. n. 25033/2012).
Al contrario, la mera richiesta di pagamento di un credito, non accompagnata da assillanti telefonate o minacce non integra il reato di molestia.
Le prassi illecite
Non c’è solo il reato di molestie a essere incriminato. Spesso le condotte sfociano in vere e proprie minacce.(Art. 612 cod. pen) A riguardo non si deve pensare solo alle minacce di condotte violente, ma di qualsiasi altro male ingiusto. Spesso alcuni operatori di call center fanno credere al debitore che, nel caso di omesso pagamento, arriverà dopo qualche giorno l’ufficiale giudiziario a effettuare il pignoramento. Si tratta di una bugia: nessun recupero crediti può innanzitutto inviare un ufficiale giudiziario atteso che, prima di tale passaggio, è necessario l’intervento di un avvocato che richieda un decreto ingiuntivo o che avvii un normale processo volto all’accertamento del debito. Prima del pignoramento, poi, è sempre dovuta la notifica dell’atto di precetto, una intimazione di pagamento che lascia 10 giorni di tempo al debitore per recuperare i soldi.
Se questo comportamento può scandalizzare, si pensi che, a volte, le discussioni al telefono finiscono in vere e proprie liti con toni aspri e violenti, in cui il debitore viene realmente minacciato.
A volte è successo che l’operatore del call center abbia parlato con altre persone di famiglia, spiegando le ragioni della propria chiamata, così violando la privacy del debitore. Anche questo comportamento è illegittimo.
Il garante della Privacy ha più volte parlato di un divieto di chiamate ad orari irragionevoli e con frequenza superiore al dovuto. Poi, l’operatore del recupero crediti non può usare un linguaggio aggressivo e violento. In questo caso, pur non configurandosi il reato di minaccia o di violenza personale, potrebbero scattare il reato di stalking.
Tutela del consumatore dalle pratiche commerciali scorrette
Come chiarito dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato in una decisione del 2012, (Agcm decisione n. 24135/2012) le condotte di alcune aziende sono state ritenute pratiche commerciali aggressive in quanto attuate nei confronti di numerosi consumatori i quali ricevevano, per il tramite di studi legali, atti di citazione presso sedi di giudici di pace territorialmente incompetenti, al solo fine di intimorirli e di spingerli al pagamento di crediti, presumibilmente prescritti o di dubbia esigibilità, acquisiti da una compagnia telefonica fallita.
Da quanto emerso nel corso del procedimento istruttorio, infatti, le società tentavano di recuperare crediti relativi a fatture già pagate o a fatture non pagate per la mancata attivazione dei servizi telefonici oppure relativi a consumatori che hanno dichiarato di non essere mai stati clienti della società telefonica. Si trattava, inoltre, di crediti presumibilmente prescritti e agli atti di citazione inviati ai consumatori, tra l’altro, non seguiva alcuna iscrizione della causa a ruolo. I comportamenti sono stati accertati come aggressivi in quanto le imprese di recupero crediti sanzionate, nel condizionare indebitamente i consumatori attraverso la loro attività, hanno ingenerato nei destinatari degli atti di citazione il convincimento che, a prescindere dalla fondatezza della richiesta, fosse preferibile provvedere rapidamente al pagamento dell’importo contestato piuttosto che esporsi ad un contenzioso giudiziario in realtà inesistente.
(La legge per tutti)