AVEZZANO – Nell’incontro di Venerdì scorso, tenutosi nella Sala Montessori di Via G. Fontana ad Avezzano, il Dott.Gino Milano, Presidente del Centro di Servizio per il Volontariato della Provincia di L’Aquila, ha presentato l’Avv. Fabrizio Marinelli – Professore ordinario di Diritto Privato presso la facoltà aquilana di Economia – invitato a condividere con gli intervenuti alcune riflessioni secondo uno “stile dialogico” proprio dei “Confronti” organizzati.
Il Professore ha dato al Convegno dal titolo“Diritto, Giustizia e Perdono” un taglio letterario più che tecnico giuridico facendo emergere, dal racconto del combattimento tra Eteocle e Polinice sotto le mura di Tebe – con la figura di Antigone, sorella di Polinice che, contro la volontà di Creonte, seppellisce alla meno peggio il fratello ucciso e, per aver disubbidito alle disposizioni del Sovrano, viene reclusa in una caverna dove morirà suicida – così come dall’opera teatrale di William Shakespeare, “Il mercante di Venezia”, scritta nel 1596 – con il mercante Antonio e l’usuraio ebreo Shylock che lo porta davanti al Doge affinché sia costretto a pagare il debito contratto come garante di un amico con una libbra di carne presa dal suo corpo – l’aspetto centrale dell’interpretazione della norma e la sua applicazione da parte del giudice, ossia l’incontro tra il legislatore ed il giudice, tra norma astratta e norma concreta.
A volte, dice l’Avvocato Marinelli, la legge non va ubbidita ma violata. Antigone ci pone davanti al problema del contrasto tra il diritto e la giustizia.
Il Diritto non è sempre giusto. Abbiamo un ideale di giustizia che non sempre corrisponde alla legge positiva, allo jus positum – il Diritto stabilito dallo Stato – e che, nel corso degli anni, può subire una modifica nella percezione della antisocialità.
Quando il Diritto viola i diritti umani non deve essere rispettato.
E, specularmente, l’interpretazione della norma può anche evitare che l’applicazione letterale della stessa porti ad una somma ingiustizia, come per il versamento di una sola goccia di sangue dalla libbra di carne tagliata dal corpo del povero Antonio.
Aspetti innovativi della giurisprudenza comunitaria contaminano il nostro ordinamento giuridico nel senso della preminenza dei valori della Carta fondamentale rispetto alla legge ordinaria sottostante.
Questo consente il superamento dell’art. 12 delle preleggi al codice civile, il cui criterio letterale appiattisce la norma, non permettendo alla stessa di accogliere tutti gli aspetti di novità.
Circa il perdono, infine, il Marinelli cita l’episodio dantesco dell’incontro con l’anima di Manfredi, figlio di Federico II di Svevia, fondatore di Manfredonia, continuatore della politica ghibellina in Italia e feroce nemico della Chiesa, che ne disprezzerà persino il corpo dopo la morte. Il pentimento del Principe – che chiede perdono a Dio prima di spirare – lo salverà dalla dannazione eterna.
Il perdono è parte integrante della giustizia.
E conclude:“Vi ho parlato di opere letterarie. Credo però che proprio attraverso le pagine di questi grandi scrittori sia stato possibile illustrare il significato profondo del Diritto, della Giustizia e del Perdono, non solo da un punto di vista filosofico, etico e religioso ma anche giuridico.
Se tra gli attributi del Signore vi è quello di essere assolutamente giusto, allora il perdono, altro attributo del Signore, non può che essere una forma di giustizia.”
L’Avvocato, richiesto, risponde poi sull’ergastolo ostativo.
“Due Sentenze, rispettivamente della CEDU e della Corte Costituzionale, hanno parlato di non conformità ai diritti umani dell’art. 4 bis della Legge sull’ordinamento penitenziario.
L’ergastolo ostativo è sicuramente una forma di ricatto, totalmente contraria ai valori costituzionali della rieducazione del reo, ed una forma di tortura – tanto quanto quelle del passato, sebbene avvenissero in modi violenti – e viola l’art. 27 e 3 della Carta fondamentale del nostro ordinamento.
Il magistrato di sorveglianza deve valutare caso per caso, sulla base di indici che constatino con certezza che il condannato, pur non collaborando con gli inquirenti nella lotta contro le associazioni di stampo mafioso, abbia dimostrato la volontà di allontanarsi dal metodo mafioso, di recidere i vincoli associativi criminosi e di iniziare un percorso riabilitativo che passi anche attraverso il ripristino del contatto con la società.”
A chiusura del dibattito, il Dott. Gino Milano auspica un ritorno ad un “noi ecclesiale”- iniziato con il Concilio Vaticano II prima delle grandi riforme e dei grandi stravolgimenti geo politici, poi interrotto a seguito dello scoppio di un sistema che ha portato alla tribalizzazione della politica e ad una perdita di identità – che recuperi l’altruismo come dimensione anche avulsa dal principio della reciprocità.