AVEZZANO – La Legge n.69/2019, pubblicata in estate sotto la spinta emotiva dell’indignazione generale avverso un fenomeno criminale dai numeri allarmanti, quelli del femminicidio e della violenza domestica, è nota soprattutto come ‘Codice Rosso’.
Una delle principali novità riguarda la velocizzazione nell’avvio del procedimento penale per reati come i maltrattamenti in famiglia, stalking, violenza sessuale, violenza domestica o di genere, per i quali il P.M. entro 3 giorni dall’iscrizione della notizia di reato, deve assumere informazioni dalla persona offesa o da chi ha denunciato i fatti di reato.
Più in generale, tutto l’iter delle indagini preliminari ha un passo più spedito proprio ad evitare che, nelle more tra l’inizio e la conclusione delle medesime, abbiano a verificarsi i temuti esiti infausti.
La Legge va a modificare, inoltre, anche la misura cautelare del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, garantendone il rispetto anche mediante dispositivi elettronici che localizzino i movimenti dell’aggressore prevenendone gli effetti.
Vengono inserite nel Codice Penale quattro nuove fattispecie criminose, di cui due venute alla ribalta della cronaca per la particolare offensività della condotta e la lesività dell’evento. Parliamo dell’art. 612-ter c.p. ‘Diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti’ senza il consenso delle persone rappresentate (c.d. Revenge porn) e dell’art. 583-quinquies c.p. ‘Deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso’.
Le pene previste per alcuni reati come lo stalking, i maltrattamenti in famiglia e la violenza sessuale vengono aumentate nel minimo e nel massimo già previsti a livello edittale e vengono estesi i termini concessi per sporgere querela.
Questa, a grandi linee, l’impostazione normativa, per alcuni non sufficientemente garantista dell’incolumità delle donne, per altri buona nelle intenzioni ma non concretamente applicabile per carenza di risorse, per altri ancora solo fumo negli occhi.
Fatto sta che, sulla scia delle iniziative volte a sensibilizzare non solo l’opinione pubblica ma principalmente la volontà parlamentare circa la necessità di integrare o modificare alcuni articoli di legge per meglio adattarli alle funzioni di tutela in oggetto, Lucia Panigalli, questo il suo nome, vittima anni fa di un tentato omicidio ad opera del suo ex compagno, condannato ad 8 anni di carcere e già in libertà grazie alla buona condotta, si è fatta promotrice, assieme alla Senatrice Boldrini, di una proposta di legge che va a modificare l’art. 115 c.p. (Accordo per commettere un reato. Istigazione).
Intervistata da Bruno Vespa nello Studio di ‘Porta a Porta’, il giornalista, mi auguro del tutto involontariamente, è caduto in infelici considerazioni non passate inosservate dai più, alimentando una polemica ancora non sopita.
Al di là della mia personalissima opinione sul fatto così come percepito, vorrei sottolineare come il servizio pubblico radiotelevisivo debba evitare, anche per bocca di collaudatissimi giornalisti, espressioni o esternazioni che possano setacciare la realtà in modo tale da creare un ‘varco giustificativo’ a difesa di condotte che sono e devono restare criminali.
Nella melma dell’informazione spuria perché incontrollata ed incontrollabile, si dovrebbe pretendere, anche da icone del giornalismo, il rispetto per l’interlocutore e, soprattutto, l’utilizzo di un linguaggio trasparente e mai ambiguo, privo di sottintese allusioni ad ipotizzabili corresponsabilità.
Sono tempi, questi, assolutamente dinamici per quanto concerne il trasformismo comunicativo e mai, come oggi, parlare e raccontare della violenza sulle donne deve avere una missione semantica, di insegnamento e di educazione ad un approccio etero referenziale che possa aiutare l’uomo ad uscire da una crisi identitaria senza precedenti, che mal cela, attraverso il ‘possesso’, una inadeguatezza sostanziale ed una non accettazione della perdita del controllo sulla relazione.
Utilizzo queste ultime righe per ricordare come nella nostra città sia operativo il Centro antiviolenza della CRI, punto di riferimento per tutti i casi di violenza, non solo fisica ma anche psicologica ed economica e sostegno indispensabile per chi subisce, quotidianamente, inique e diversificate vessazioni.
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