AVEZZANO – Lentamente e rapidamente. Sono i due opposti che hanno caratterizzato il dramma degli incendi che stanno devastando la Foresta Amazzonica, la nostra riserva di ossigeno se vogliamo evitare una, a questo punto più che meritata, estinzione.
Rapidamente si sono sviluppati roghi, rapidamente sono state devastate intere aree di quella Foresta pluviale, rapidamente sono stati messi in crisi habitat naturale e i luoghi degli indios amazzonici, rapidamente sono state distrutte migliaia di metri quadrati natura complessa e meravigliosa.
Lentamente questa tragedia dell’umanità è arrivata sui mass media e sugli organi di comunicazione di grande livello e respiro, lentamente è finita sui tavoli dei governanti che contano, lentamente sta raggiungendo le istituzioni e organizzazioni internazionali, lentamente sta provocando reazioni da parte delle nazioni, lentamente si sta cercando di mettere insieme una forza di intervento mondiale che metta fine a questa devastazione annunciata.
Ferma, immobile, invece, è la reazione alle dichiarazioni di un presidente brasiliano, Bolsonaro, che avrebbe dovuto destare non tanto indignazione, quanto produrre dubbi. Quel “non abbiamo i mezzi per intervenire” è una foglia di fico, andata bruciata insieme a tutto il resto. Se Bolsonaro fosse preoccupato, avrebbe dovuto dire “Aiutateci a fermare gli incendi, da soli non possiamo farcela, portateci uomini, mezzi e strutture che noi non abbiamo a sufficienza”. Quel “Non abbiamo i mezzi” è una resa nemmeno troppo addolorata.
L’Amazzonia, d’altronde da decenni è soggetta agli attacchi della grande speculazione economica mondiale, dai coltivatori intensivi e monocolturali, a coloro che vedono possibilità di espansione dell’urbanizzazione e comunque di interessi del grande capitale della grande finanza.
Ma quello è il nostro polmone e senza polmoni non si respira, si muore. E un pianeta già sufficientemente ammalato, non ha bisogno di una metastasi così grave che potrebbe rivelarsi esiziale, definitiva.
Al volo ci tornano in mente le parole delle tribù degli indiani americani, che abbiamo riportato solo qualche giorno fa parlando di una taglio di alberi molto più infinitesimale, quello della Piazza del Mercato di Avezzano, anche se ogni albero è un piccolo alveolo, un bronco, un filtro che assorbe anidride carbonica e rilascia ossigeno.
“Quando avrete abbattuto l’ultimo albero, quando avrete pescato l’ultimo pesce, quando avrete inquinato l’ultimo fiume, allora vi accorgerete che non si può mangiare il denaro”, dice la frase notissima, pare erroneamente attribuita a Toro Seduto. Ma l’importante non è l’autore, è il senso. A cosa serve accumulare ricchezze distruggendo il pianeta? È un controsenso, una follia, un segnale evidente e preoccupante dell’egoismo e dell’insaziabilità degli uomini di questo secolo. Quando tutto finirà e si avranno solo castelli di cemento e torri di denaro, ci si accorgerà di aver accumulato la più grande ricchezza di tutti i tempi ma di essere poverissimi perché non si saprà che farne di tutta quella ricchezza.
E allora vogliamo rendere omaggio e onore ad un inatteso ambientalista, anche se il nome che ha scelto non poteva che indicarci che questa strada: Papa Francesco.
Papa Francesco, nell’Angelus di oggi alle 12, ha detto: «Siamo tutti preoccupati per i vasti incendi che si sono sviluppati in Amazzonia. Preghiamo perché, con l’impegno di tutti, siano domati al più presto. Quel polmone di foreste è vitale per il nostro pianeta». E non è la prima volta che interviene su questo tema. Accogliendo, tempo fa, il grido di allarme degli indios e delle popolazioni indigene contro la deforestazione che stava letteralmente spazzando via quell’habitat e le loro terre, Papa Francesco disse: «L’abbattimento massivo di alberi, la distruzione della foresta tropicale per mezzo di incendi boschivi intenzionali, l’espansione della frontiera agricola e delle monoculture sono la causa degli attuali squilibri climatici regionali, con evidenti effetti sul clima globale, di dimensioni planetarie quali le grandi siccità e inondazioni sempre più frequenti».
Di fronte ad una presa di posizione così chiara e netta, di fronte alla denuncia internazionale delle associazioni e delle menti più illuminate del pianeta, urge spegnere subito quegli incendi e trovare risorse e soluzioni avanzatissime per riparare il danno a risarcimento delle future generazioni, che speriamo essere più intelligenti di noi. Subito dopo, però, si dovrà fare di tutto per andare fino in fondo, capire, chiarire, indagare e trovare eventuali “compartecipazioni” allo sviluppo di questi incendi. Vista la portata del danno e delle sue conseguenze su tutta la Terra e per tutti gli uomini, la mano umana che eventualmente avesse acceso quei fuochi dovrebbe essere considerata autrice di un crimine contro l’umanità.