ROMA – Ricordate l’iconografia classica del vampiro? Mantello rigorosamente nero foderato di seta rossa, il capello impomatato, molto stilè, con la scarpa lucida di vernicetta nera, abbigliato col suo frac (anch’esso nero) e la catena d’oro al collo pendente sul gilè. Il Nostro era tutto teso a soddisfare la sua sete ematica e all’occasione ti succhiava via un litro di sangue, lasciandoti, però, pallido, si, ma anche immortale. Il vampiro d’una volta era elegante e cortese, nobile e ricco, girava il mondo con una bara di quercia anziché con la valigia e ti sorrideva sfoderando dei canini al fluoro “che più bianchi non si può!”.
Una buona testa d’aglio bastava a tenerlo lontano; se mordeva una bella signora sul collo, la lasciava esangue e contenta: andava via dopo averla guardata con quell’aria blasè… come dire? “Per servirla madame… e l’ho servita”
Ammazzare un vampiro era semplice: una spruzzata d’acqua benedetta, un paletto di frassino al cuore et le voilà le vampire est mort!.
Naturalmente si celia un po’ ma c’è poco da scherzare… Il Vampirismo trae origine da una malattia seria, la Porfiria, una rara patologia del sangue per curare la quale, anticamente si credeva bisognasse bere del sangue.
I vampiri veri sono, però, diversi: sapevate che è stata ritrovata la tomba d’uno di questi succhia sangue a tradimento in Bulgaria? No?
L’archeologo, Nikolai Ovcharov,ha scovato una sepoltura in cui giaceva uno scheletro con un palo conficcato nel petto secondo il rituale medioevale. Il corpo è affiorato a Perperikon, un antico sito nel sud della Bulgaria. Lo scheletro, risalente al 13° secolo, era appartenuto a un uomo di circa 40 anni.
Il corpo del “vampiro” presenta anche la gamba destra amputata sotto il ginocchio e appoggiata affianco al cadavere, come in uso all’epoca, per evitare che i “non morti” deambulassero tra i vivi.
Non esistono solo vampiri: a questi si affiancano i nachzehrer, sorta di morti che diffondevano la peste e avevano la caratteristica di dilettarsi a masticare il sudario, provocando un rumore simile a un grugnito (immaginate che concertino in un cimitero dove erano sepolte queste salme?).
Perché questa narrazione? Perché a Venezia fu ritrovato, nel cimitero del Lazzaretto Nuovo, il nostro bravo italico nachzehrer, di sesso femminile, e siccome il rimedio alle probabili o possibili malefatte della nostra amica era disseppellirne il corpo, togliergli dalla bocca il sudario e sostituirlo con una manciata di terra o con una pietra, gli diedero a rosicare un bel mattone.
Anche in quel di Bergamo abbiamo il nostro bel vampiro ed è Vincenzo Verzeni, dato per morto suicida nel 1874, ma spentosi poi in verità nel 1911, considerato il “Vampiro della Bergamasca”. L’uomo tra il 1867 e il 1872 aggredì ben otto donne uccidendone due, addentandole al collo e succhiando loro il sangue.
Conoscete la storia di Vlad Tepes Dracula? Ve la accenno: fu il personaggio storico cui si ispirò Bram Stoker e che regnò in Transilvania attorno al 1456. Sua peculiarità fu che quando acchiappava un turco (allora con i turchi non correva “buon sangue”, perdonatemi la battuta), lo impalava: gli tagliava mani e piedi e lo faceva sedere su un palo aguzzo con quel che la faccenda, di drammaticamente scomodo, comportava.
Vlad fu soprannominato grazie a questa sua attività “l’impalatore” e pare ebbe al suo attivo oltre ventottomila esecuzioni.
Nel 1476 il conte Vlad Tepes Dracula, che apparteneva all’ordine del Dragone, come il re di Napoli Ferrante D’Aragona, scomparve durante una battaglia contro i turchi e venne dato per morto (altre storie narrano il contrario). Una delle sue figlie, la principessa Maria Balsa (Cambiò il patronimico per ovvie ragioni), fuggì a Napoli nel 1479 a causa delle persecuzioni turche e fu accolta nella città da Ferdinando d’Aragona dove sposò successivamente un nobile napoletano della famiglia Ferrillo.
Lasciamo la principessa Maria in sospeso per un attimo e torniamo ai giorni nostri: una studentessa napoletana, per documentare la sua tesi di laurea, accede al chiostro di Santa Maria La Nova, scatta una foto alla tomba di Matteo Ferrillo e la invia per posta elettronica a degli studiosi estoni dell’università di Tallin i quali fanno un salto sulle loro sedie! A detta degli studiosi, i bassorilievi della tomba raffigurano un drago, Dracula appunto e un paio di simboli egizi mai visti su una sepoltura europea: due sfingi contrapposte che rappresentano il nome della città di Tebe, Tepes in egiziano. In quei simboli ci sarebbe dunque scritto Dracula Tepes, il nome del conte (che poi era un Voivoda).
In seguito si scoprì che la croce sovrastante la tomba era in realtà una croce satanica e ricorrendo, ad una microcamera inserita in una crepa della tomba, si ispezionò l’interno della tomba e furono rilevate incisioni che riportavano inquietanti particolari: un teschio trafitto da una croce, cerchi concentrici, sequenze numeriche ed altre figure esoteriche
A detta dei nostri amici estoni questa scoperta conferma tre ipotesi: il conte Dracula non morì in battaglia ma venne fatto prigioniero dai turchi, che il corpo non riposa nel Monastero di Snagov o a Comana come si diceva e che la figlia Maria (riprendiamo il filo sospeso) riscattò il padre prigioniero portandolo in Italia e dandogli sepoltura, quando morì, proprio a Napoli.
Accadde così che un italiano divenne il genero di Dracula, così come, ai giorni nostri, Al Bano, sposando Romina, la figlia di Tirone Power, divenne il genero di Zorro, la vita è sempre sorprendente!
Termino con una informazione: nella nostra bella Penisola, se vi interessa, esistono circa duemila vampiri viventi che si sono associati nella Lega Italiana Real Vampires (LIRV) con sede a Meldola (FC). Fondatore dell’Associazione ed attualmente presidente nazionale, è Horus Sat, real vampire.
Sono cose italiane che solo in Italia possono accadere… Vampiri a Venezia, Dracula a Napoli, Associazioni di vampiri a Forlì… nun se po’ mai sta’ tranquilli!