Secondo i ricercatori dell’università di Teramo esiste un nesso inconfutabile tra l’aspettativa di vita di questa specifica popolazione rurale e il suo tipo di dieta quotidiana. Sono infatti oltre 150 i comuni abruzzesi che vantano un tasso di longevità uguale, se non superiore, a quello di Villagrande, il borgo sardo famoso in tutto il mondo per il suo numero record di centenari.
In particolare si vive a lungo nelle aree interne dell’Abruzzo. A ridosso dei parchi del Gran Sasso e della Majella, e nella Marsica. Questi ultranovantenni hanno un’usanza in comune: praticano lo sdijuno fin da quando erano ragazzini, e andavano a lavorare duramente la terra.
«Ci alzavamo verso le 5/5.30 e facevamo colazione. Poi intorno alle 10,30/11 arrivava il piatto più importante del giorno, che consumavamo direttamente all’aria aperta, nei campi – racconta nonna Carina, classe 1929, originaria di Collecorvino (Pescara) -. Un pasto unico e ipercalorico composto da: pane, formaggio, prosciutto, uova al sugo, frittate coi peperoni, minestra, tagliatelle fatte in casa in brodo, vino. Ci bastava per il resto delle 24 ore. A cena non mangiavamo praticamente nulla: al massimo, qualcosa di frugale poco prima del tramonto. Un’insalata, qualche verdura. E poco dopo a letto. Facevano così anche i miei genitori, i miei nonni, i miei bisnonni, i miei vicini di casa. I dolci? Al bando. E continuo a onorare questo rito anche oggi, che passo le mie giornate a casa».
scientifiche, che hanno rimarcato l’importanza di concentrare i pasti della giornata e soprattutto di limitare l’apporto calorico la sera, quando il metabolismo rallenta – spiega Mauro Serafini, docente di alimentazione e nutrizione umana alla facoltà di Bioscienze dell’università di Teramo -. Sulla base di queste premesse, lo sdijuno si profila come un modello alimentare peculiare, precursore delle recenti diete del digiuno».
Ecco il segreto, insieme a fattori ambientali e genetici, della longevità abruzzese. Una dieta così antica e così moderna, che non contempla immani sacrifici. Appartiene alla saggezza spontanea e innata dei nostri avi. Certo, presuppone bioritmi molto mattutini e laboriosi. E una drastica metamorfosi delle consuetudini contemporanee. Ma se in palio c’è una vita sana e lunga, vale davvero la pena tentare. E «sdijunare».
(vanityfair)