Se ne è andato Andrea Calogero Camilleri: scrittore, sceneggiatore, regista, drammaturgo e insegnante italiano. Ebbe ad insegnare alla Regia all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica e questo ci dice la sua età anagrafica.
Per il resto, e non certo riduttivamente, è il padre di Salvo Montalbano, commissario della PdS a Vigata e dirigente di quel commissariato, quello con l’ispettore Mimì e Fazio e Catarella, macchietta indimenticabile così come pure quel dottore che nomina spesso i “cabbasisi”.
Camilleri, come Gadda prima di lui, ha esplorato i territori letterari della lingua locale, tra l’invenzione e la realtà, restituendo l’immagine, letteraria e glottologica, di un mondo che, talora, fa sorridere ma nasconde, prima, e rivela poi i drammi di una società dove la verità affiora sempre a fatica. C’è una cosa che colpisce nelle storie di Montalbano: ci sono almeno due Dottor Watson e, forse, uno Sherlock Holmes e le regole d’oro di S.S. Van Dyne, il creatore di Philo Vance, sembrano violate. Il rapporto Montalbano-Holmes forse non regge perché il primo ha deduzioni più intuitive che ragionate.
Lo strano rapporto fra Montalbano ed il suo Questore ripropone alcune scene di Simenon, quello televisivo del Maigret-Gino Cervi, così come pure le scene di certi scontri fra Capuozzo e Soneri, nelle storie uscite dalla penna di Valerio Varesi. Montalbano ha qualche punto di contatto con Vance, forse, in quello sguardo di divertita ironia con la quale guardano il mondo e le sue miserie, anche se l’analogia si ferma qui, perché poi Montalbano ha gusti più casarecci ed è bene perché vivono in ambienti diversi e, soprattutto, in tempi diversi, anche se il male è sempre di casa, in ogni dove e in ogni tempo o epoca…