AVEZZANO – Sulla “Lettura” del Corriere della Sera di oggi 7 luglio 2019, Carlo Galli scrive testualmente che la filosofia politica moderna vuole che a comandare siano le leggi e non gli uomini, tuttavia nella concretezza della storia c’è sempre stato bisogno di capi, anche in situazioni non eccezionali o rivoluzionarie. Poco dopo aggiunge che nell’Italia dei partiti c’erano personalità autorevoli, capaci di mediare o decidere, mentre ora la crisi delle istituzioni e dei corpi intermedi ha prodotto figure che parlano ad un pubblico pulvisculare puntando tutto sull’emotività e sulla costruzione del nemico, pretendendo così un’assoluta libertà di azione.
Indubbiamente, quella di Carlo Galli è una riflessione profonda che cogli molti aspetti anche se non dice esattamente che alla base di quella emotività o a suo coronamento ci sia la costruzione del consenso e non la sua “raccolta” sotto forma di “consensi”, ovvero il plauso dei singoli invece di un grigio plauso collettivo, unanime ed acritico.
Guardando alla recente storia politica cittadina questo salta subito agli occhi…
Sotto lo sbandierato “diritto a candidarsi” per ognuno, son state create le famose 19 o 26 liste elettorali raggruppate intorno a pochi “candidati sindaco”, poi, quando, taluni candidati sono risultati membri di numerose, in termini di associati, “associazioni culturali”, allora alcuni sono insorti contro il fatto che l’associazionismo creasse presunti “conflitti di interesse”. Ovviamente, entrambi gli atteggiamenti erano “penosamente errati” e contrari ai diritti costituzionali dei cittadini, ma questo dimostra una parte di quanto detto sopra!
C’è poi una sorta di “cultura del capo”, molto “radical chic”, secondo la quale alcuni possono essere “in” mentre gli altri sono “out”, ma comunque la platea politica è, in genere, distratta, priva di connotati salienti e totalmente china a seguire improbabili discorsi politici sul proprio smartphone!
L’avversario politico diventa in breve “nemico” da oltraggiare e distruggere, e l’oppositore “qualcuno da eliminare” dalla scena.
Viene sbandierata la parola “democrazia” ma l’immagine della scena del potere suggerisce piuttosto l’idea di una “tirannide” che nulla ha della Antica Grecia ma sembra sempre di più una specie di “dittatura del balcone senza balcone”, non una “dittatura” alla maniera dell’Antica Roma, ma piuttosto un “consolato unico” alla maniera di certi antichi podestà comunali che assomigliavano di più a baronetti all’epoca dell’alto medioevo!
Ora, in assenza dei consoli, e per assicurare il governo della Città, reso impossibile da improbabili politici, è giunto il Commissario che ha in sé il potere consolare e che sta cercando di amministrare la Città come nessuno ha fatto negli ultimi vent’anni!
“Cerco la politica e non so cosa sia!” Forse è più facile “cercare l’uomo”, come Diogene!
In ogni caso, bisogna rammentare ai cosiddetti “politici” cittadini che la politica, e lo dice von Clausewitz, è “l’insieme di azioni ed atti tesi a rendere possibili le cose“, mentre invece loro hanno attuato la guerra che, nel loro caso, non è “…la prosecuzione della politica con altri mezzi…” ma solo “la lotta sterile per assicurarsi il consenso…” di, come dice Manzoni, nel Coro dell’Adelchi, “…un volgo disperso che nome non ha“!
Absit iniura verbis!