TAGLIACOZZO – Gli strascichi polemici sulla vicenda del campus scolastico culminata giorni orsono con una conferenza stampa chiarificatrice convocata ad hoc dagli amministratori in carica, non si sono ancora esauriti. Come suol dirsi tengono ancora alto, in città, il livello della discussione con gli “arrampicatori sugli specchi” di nuovo in campo a blaterare di ciò che è buono e ciò che è cattivo.
Poco importa, alla fine, e questo era il solo scopo degli amministratori, se correttezza e trasparenza dell’attività amministrativa siano state acclarate e certificate; poco importa se nessuna inchiesta o altri procedimenti siano in essere nei confronti del Comune di Tagliacozzo. Nel corso dello stucchevole incontro di martedì 16 aprile, si è assistito a patetiche piroette e disordinati passi di danza; sono stati propinati lambiccati e attorcigliati argomenti onde accampare ragioni “ad usum delphini” per poter uscire da una situazione rivelatasi imbarazzante a fronte delle attestazioni rilasciate dalla Procura della Repubblica di Avezzano. Ma, evidentemente, lo smacco subìto non è servito a nulla.
“Un bel tacer non fu mai scritto”, dice il proverbio. La verità provata è che l’Inchiesta sul campus scolastico non c’è mai stata mentre qualcuno, invece, ha voluto provocatoriamente seminare zizzania nell’opinione pubblica con maldestre manipolazioni. Alla luce del nuovo, reiterato assalto dei leoni da tastiera, il sindaco Vincenzo Giovagnorio ha emanato un circostanziato comunicato nel quale ripristina la verità dei fatti.
«Nessuna marcia indietro – si legge nella nota – sulla vicenda che ha visto coinvolte alcune testate giornalistiche che all’inizio dell’anno avevano diffuso la notizia non vera sul costruendo campus scolastico. L’immagine della nostra città deve essere tutelata e difesa in ogni situazione e con ogni mezzo opportuno che l’ordinamento democratico mette a disposizione. L’Amministrazione – continua – non cerca applausi da parte della stampa, ma auspica che le notizie siano sempre fornite nel rispetto della verità dei fatti. La minoranza di “Tagliacozzo Unita”, di contro, persevera nel discredito dell’Amministrazione in carica, manipolando tutte le informazioni. Stiano tranquilli i consiglieri di opposizione – conclude il sindaco – poiché i soldi pubblici sono gestiti con onestà e somma prudenza a beneficio dei cittadini di Tagliacozzo. La buona amministrazione si vede con i fatti e non con le polemiche pretestuose e menzognere».
L’altalena del campus scolastico – nel modo in cui si è sviluppata – ricorda tanto la storiella dei pifferi di montagna. Essa si attaglia in modo esemplare agli sbandamenti di una velenosa militanza politica rozza e grossolana, mirata a distruggere la reputazione e la dignità delle persone. Una pratica in vigore da anni e anni nei piccoli centri, dove il venticello della maldicenza si trasforma in uragano. Piace ricordarla, qui, per sottolineare la morale dell’aneddoto.
Tre pifferai avevano in comune il difetto della presunzione. Volevano suonare il piffero ad alto livello ed ognuno era convinto di essere il musicista più esperto del gruppo. Erano talmente pretenziosi e tronfi che non si erano avveduti che i loro pifferi erano addirittura stonati. Eppure sognavano di avere, un giorno, grande successo. Non ascoltavano le note degli altri, anzi, non ascoltavano proprio nessuno. Niente scalfiva la loro sicumera di essere grandi artisti. Un bel giorno decisero di regalare al paese il piacere di un loro concerto. Il primo pifferaio esclamò dal palco: “Amici, grazie al mio piffero niente sarà più come prima!”. Il secondo disse: “Con la musica del mio piffero invecchierete meglio!”. Il terzo e ultimo, sentenziò: “Non vi donerò soltanto la dolce musica, ma anche la mia saggezza!”. Ma, durante l’esibizione, alte e forti si levarono le note aspre e discordanti, senza accordo, prive di ritmo, senza melodia. Accadde che di fronte a tanto scempio i bambini presenti in piazza cominciarono a piangere spaventati, i vecchi a roteare i bastoni, le donne a gridare irripetibili improperi, i cani ad abbaiare rabbiosamente. A quel punto, nel marasma generale, tutta la piazza si precipitò sui tre pifferai colpendoli con tutti gli strumenti a disposizione. Il gran concerto finì miseramente tra urla e bastonate. E, mentre i tre presuntuosi musicisti, sbuffando e malridotti, si incamminavano rossi di vergogna verso le loro case, la gente al loro passaggio li irrideva urlando nelle loro orecchie: “Ecco i pifferi di montagna che andarono a suonare e furono suonati”.