AVEZZANO – Si celebra oggi, come ogni anno, la “Giornata della memoria”. Ma di preciso di cosa parliamo? È bene saperlo, ed essere informati, anche perché purtroppo siamo stati parte integrante di questa tragica ricorrenza.
Infatti, sconosciuto ai più, l’Abruzzo entra di diritto (nel suo piccolo) nella giornata della memoria. Fortunatamente non con i numeri che furono di Auschwitz, di Dachau o di Bergen-Belsen, i più famosi. Ma ciò non risulta minimamente essere un’assoluzione, poiché anche una sola persona privata per un momento della sua libertà (o addirittura della vita) senza nessuna colpa se non quella di appartenere ad una determinata etnia, avere un particolare orientamento sessuale o essere un esponente di una qualsiasi corrente politica è qualcosa di inaccettabile. Ma, per quanto inaccettabile, successe. Ed è bene ricordare, sia per dovere verso gli eredi di coloro che subirono quell’indegno massacro, e sia per noi perché certi spettri della mente mai più prendano vita.
I campi di concentramento furono una delle misure più in voga nate tra il 1940 ed il 1944. Benito Mussolini, al tempo dittatore in Italia, approvò queste misure al fine di incarcerare determinate categorie: la maggior parte furono ebrei e oppositori politici, ma con lo stringersi dell’alleanza con l’impero hitleriano, il cerchio si allargò anche a: immigrati, zingari, omosessuali, prigionieri di guerra, anarchici, malati di mente, prostitute ed addirittura renitenti alla leva. Ognuno di questi veniva “marchiato” su di un uniforme con un simbolo diverso, così da identificarne la “colpa”: gli oppositori politici avevano un triangolo rosso, gli “antisociali” (senzatetto, malati di mente, prostitute e anarchici) con aggiunta di Rom e Sinti il triangolo nero, omosessuali con il triangolo rosa, renitenti alla leva con un triangolo viola, immigrati con un triangolo blu ed i criminali comuni con il triangolo verde. Oltre alla famosissima “stella di Davide dorata”, corredata di scritta “jude” che veniva riservata agli ebrei.
Questi gli atti spregevoli che, purtroppo, riguardano dal 1940 anche la nostra regione. Difatti, il Duce all’epoca ritenne l’Abruzzo, per la sua struttura (natura impervia, poche vie di comunicazione, scarsa concentrazione di abitanti) e la sua capacità di costruzioni di luoghi isolati, una terra idonea ai campi di concentramento. Per questo, con vari editti, nel giro di 4 anni vennero costruiti proprio qui 15 campi e 59 località di internamento. Questi prevedevano una mensa interna molto povera, spesso in accordo con contadini e mercanti locali, quindi a seconda delle disponibilità e per nulla assicurata. Le condizioni sanitarie poi, erano a livelli infimi: edifici umidi e stufe a legna come unica fonte di riscaldamento; malattie da raffreddamento ormai considerate inevitabili (reumatismi, artriti, influenze e polmoniti). Dopo poco, anche malattie più gravi, come tubercolosi, poliomielite, tifo, scabbia, amenorrea, dissenteria, enterite cauta, blenorragia. Infine si arrivò ovviamente agli attacchi isterici ed agli esaurimenti nervosi.
I campi più famosi nella nostra regione furono senza dubbio:
- Chieti: istituito in un asilo infantile, prevalentemente per francesi ed inglesi
- Lanciano: inizialmente per donne, in seguito deportate e sostituite da slavi
- Civitella del Tronto: prevalentemente per famiglie ebree inglesi provenienti dalla Libia; la maggioranza erano donne, bambini ed anziani
- Nereto: per ebrei tedeschi e polacchi
- Vasto (Istonio Marina): uno dei campi più duri, per criminali ed oppositori politici (e slavi, verso la chiusura)
- Isola del Gran Sasso: stranieri, immigrati ed oppositori politici
- Casoli: per ebrei tedeschi ed austriaci. Tra i campi, forse il meno rigido per la non efferatezza del Podestà e la partecipazione popolare.
Questa giornata dunque è doveroso ricordarla, tanto più perché NOI abbiamo avuto il “mostro” dentro casa. E questo senza nulla togliere ad ogni altro massacro perpetrato nel corso della storia, e che puntualmente viene evocato in questa giornata in ascessi di benaltrismo corredati di foga che meriterebbe tutt’altro utilizzo. Perché purtroppo la storia è ciclica, e se non si impara dal passato, il futuro non potrà che essere un’incognita negativa.
Ovviamente nessuno di noi OGGI è colpevole di quando accaduto allora, in un clima di guerra e odio che, benché siano passati meno di 80 anni, sembra così lontano. Ma è nostro dovere oggi ricordare, imparare ed a piede fermo impedire se mai ne avessimo l’occasione, che simili incubi ritornino dalla parte più oscura della nostra mente. Per tutti gli ebrei, gli stranieri, gli immigrati, le prostitute, i malati, i senzatetto, gli oppositori politici e tutte le persone senza nessuna colpa particolare se non “essere”, morte in questa parte nera della storia. Come scrive Primo Levi infatti:”Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario”.
E proprio in chiave commemorativa al fine di conoscere, abbiamo da noi anche l’ottimo esempio del comune di Casoli, divenuto un “Luogo della memoria” da due anni a questa parte, ricevendo la visita del Presidente della Repubblica Mattarella l’anno passato e divenendo appunto una realtà importante nel panorama storico-abruzzese, grazie anche e soprattutto agli archivi ed alla presenza costante del progetto “CampoCasoli.org” a cura di Giuseppe Lorentini.
Un piccolo passo certo, ma che può essere l’inizio di un grande cammino verso la distruzione di razzismi, focolai d’odio ed altre schifezze che ancora oggi troppo spesso si manifestano nell’Europa tutta.
Un particolare ringraziamento al progetto “CampoCasoli.org”, una delle fonti di questo articolo, che gentilmente ci ha concesso l’accesso al materiale fotografico in loro possesso.