di Roberta Placida
AVEZZANO – Una compagnia di giovanissimi attori ha portato in scena, il 12 febbraio scorso al Teatro dei Marsi, il “Riccardo III” (Lunga vita al Re) di Shakespeare. La Compagnia Giovani ATR “Sofia Amendolea”, guidata dal regista Paolo Alessandri, ha riscosso un grande successo.
La compagnia è composta interamente da attori under 30: Sophia Angelozzi, Ilaria Arcangeli, Alessandra Barbonetti, Serena Bellussi, Stefano Bramini, Lucrezia Coletti, Daniele Flamini, Eleonora La Pegna, Gabriele Namio, Sara Roscetti. È un cast pluripremiato che ha già ricevuto, tra il maggio 2016 e il giugno 2017, ben 14 premi internazionali, ottenuti per l’ultima produzione “The Farm” (diretta dallo stesso Alessandri), andata in scena in nove Festival Internazionali di 8 differenti nazioni: Polonia, Francia, Macedonia, Serbia, Repubblica Ceca, Marocco ed Egitto.
La vicenda è ambientata nella società inglese sul finire del 1400, periodo della Guerra delle Due Rose. La vicenda storica è realmente esistita e l’opera è stata voluta dalla regina Elisabetta, discendente dei Lancaster. Riccardo è un uomo di nobili origini, un Principe di Inghilterra, accecato dalla brama di potere che lo porterà a compiere efferati assassini e infidi tradimenti. Non avrà successo, e resterà solo, abbandonato anche da quanti lo avevano sostenuto e i fantasmi delle persone da lui assassinate lo perseguiteranno. La morale sottintesa è che il male è destinato ad essere punito e sconfitto dal bene.
La lettura che ne ha fatto Alessandri è che Riccardo, è un “MOSTRO”, vittima di un fato crudele che lo ha fatto nascere prematuro, deforme. La deformità, nel panorama culturale del medioevo cristiano, nella superstiziosa Inghilterra degli York, è vista come un marchio del Demonio: Riccardo è, quindi, un emarginato, un uomo solo, inchiodato sulla croce del pregiudizio e dell’ignoranza, un escluso che trasformerà la propria anima a immagine della sua mostruosità fisica. Alla deformità del corpo corrisponderà una “deformità” dell’animo che lo porterà ad essere una “macchina infernale” fino a quando diventerà, da carnefice, vittima della propria stessa crudeltà. Non è fatto per l’amore e l’iniziale sofferenza diventerà pian piano una fredda e spietata consapevolezza: è fatto per tramare, tradire, uccidere.
«Riccardo III – commenta il regista – si rivela essere un’opera al contempo Epica ed Umana, Avventurosa e Psicologica, addirittura Psicoanalitica, se consideriamo i due magistrali monologhi di Riccardo che aprono e chiudono la tragedia. La regia dell’adattamento non modernizza il testo shakespeariano, bensì la recitazione degli interpreti che lo portano in scena. La Parola è la vera regina dello spettacolo. Una parola a volte poetica, a volte violenta e sprezzante, ma sempre asciutta e vera. Ogni tentazione di adottare orpelli e vezzi recitativi viene eliminata dal palcoscenico».
Riccardo morirà disperato, schiacciato dal rimorso delle proprie colpe: la sua umanità sfregiata troverà, alla fine, la strada per manifestarsi e, forse, per riaffermarsi.
La presenza, nella stagione di prosa del Teatro dei Marsi, di una compagnia composta esclusivamente di attori giovanissimi deve far riflettere sull’opportunità di utilizzare la struttura anche come “officina” di giovani talenti che nella magia dell’arte teatrale possano trovare il loro modo di esprimersi, di affermare se stessi in una società che ormai tende a massificare anche il talento e nega alla passione la possibilità di raccontarsi e di affermarsi.
Forse un’amministrazione lungimirante della cosa pubblica potrebbe rendere più snelle e facili le procedure per “salire” sul palco più prestigioso della Marsica. Forse un’amministrazione lungimirante avrebbe potuto essere presente nella sua massima autorità ad uno spettacolo che ha visto tra i suoi protagonisti anche una “creatura” della nostra terra. Forse un’amministrazione lungimirante potrebbe dare più spazio ai giovani e renderli protagonisti del dibattito culturale. Forse, ma questa è un’altra storia.