L’AQUILA – In occasione della giornata nazionale contro la violenza degli operatori sanitari oggi, 12 marzo, l’Ordine provinciale dei Medici e degli Odontoiatri dell’Aquila ha deciso di aderire alla campagna affiggendo manifesti negli ospedali dell’Aquila, Avezzano e Sulmona.
“L’obiettivo di questa nostra adesione è quello di sensibilizzare in particolare l’opinione pubblica e le istituzioni su questo tema gli episodi di violenza contro i sanitari sono inaccettabili, si tratta di un fenomeno in forte aumento che mette in pericolo la sicurezza degli operatori e rischia di compromettere la tenuta di tutto il sistema, creando ambienti di lavoro sempre più tesi”, spiega il presidente dell’Ordine dei Medici dell’Aquila Alessandro Grimaldi, componente del Comitato Centrale della Fnomceo.
Grimaldi, primario del reparto di Malattie infettive dell’ospedale San Salvatore dell’Aquila e capo dipartimento medicina della Asl provinciale, sottolinea: “Secondo una recente ricerca sostenuta dalla FNOMCeO l’81% dei medici italiani afferma di esser stato vittima di aggressioni fisiche o verbali da parte di pazienti o parenti e amici di pazienti”.
“È nostro dovere cercare la migliore collaborazione possibile a livello istituzionale per porre fine a questi atti intollerabili – osserva – Dobbiamo proteggere le colleghe ed i colleghi che ogni giorno lavorano con dedizione per la salute della collettività e garantire loro ambienti di lavoro più sicuri”.
“Occorre andare oltre gli attestati di solidarietà e vicinanza e mettere in campo azioni concrete: misure preventive, formazione del personale e sensibilizzazione della popolazione”, conclude Grimaldi.
«La brutale escalation di aggressioni contro i professionisti della salute rappresenta una realtà allarmante e la Giornata odierna, quella del 12 marzo, contro le violenze sugli operatori sanitari, impone doverose riflessioni e ci costringe a scavare nel profondo, portando alla luce i numeri allarmanti di indagini autorevoli, quelle che disegnano un quadro sempre più a tinte oscure». Esordisce così Antonio De Palma, Presidente Nazionale del Nursing Up.
Secondo un approfondito report condotto dall’Università La Sapienza, il 51% dei professionisti sanitari subisce almeno un’aggressione in carriera. In soli due anni, tra il 2023 e il 2024, si sono registrati circa 260mila episodi di violenza solo tra gli infermieri, colpite in particolare le donne (nel 75% dei casi). Sul totale dei professionisti sanitari, gli infermieri risultano i più esposti, con un’incidenza del 76,6%. L’area più critica è diventata psichiatria (36,2%) che ha superato addirittura il pronto soccorso (33,4%). Un caso su 5 è perpetrato da pazienti affetti da disturbi psichici o dipendenze.
«Questi numeri non sono solo statistiche: raccontano di un sistema letteralmente sotto assedio, in cui chi si prende cura degli altri è costretto a lavorare in condizioni di pericolo costante. Il fenomeno non si esaurisce nella violenza fisica: le aggressioni rappresentano la seconda causa di disagio mentale tra i professionisti sanitari in Europa, come conferma l’Agenzia Europea per la Sicurezza e la Salute sul Lavoro (Eu-Osha), subito dopo la disorganizzazione degli ospedali che include la mancanza di turn over e il tempo sempre più limitato da dedicare a se stessi e ai propri affetti. Il 25% degli infermieri e il 22% dei medici soffrono di burnout, mentre un terzo degli operatori sanitari valuta seriamente di abbandonare la professione, soprattutto dopo aver subito un’aggressione, verbale o fisica. Non è un caso che in Italia, solo nei primi 9 mesi del 2024, si siano dimessi oltre 20mila infermieri. La ragione è da ricercare, ovviamente, non solo in una professione che si è trasformata in un cappio al collo con cui convivere, ma anche nella brutalità e nella rabbia di pazienti e soggetti sempre più esasperati. Le aggressioni minano la fiducia e la serenità dei professionisti sanitari e lasciano cicatrici invisibili e difficili da rimarginare», continua De Palma.
Una bomba a orologeria pronta a esplodere, gli ospedali sono un campo minato
L’Italia si colloca tra i paesi europei con il maggior numero di aggressioni al personale sanitario, nonostante le recenti normative del Governo lascino pensare che si stia agendo per arginare il fenomeno alla radice. Gli interventi legislativi finora adottati, incentrati sull’inasprimento delle pene, non hanno nemmeno lontanamente scalfito il problema. La prevenzione è insufficiente e il personale continua a essere lasciato solo.
Le aggressioni non sono episodi isolati: rappresentano un fenomeno strutturale che mina la qualità dell’assistenza. Operatori sanitari esposti a minacce e violenze lavorano sotto stress costante, con ripercussioni dirette sulla loro capacità di prendersi cura dei pazienti. Il rischio non è solo per chi subisce le aggressioni, ma per l’intero sistema sanitario.
Le richieste di Nursing Up al Governo rappresentano ormai un imperativo:
Presidi di sicurezza attivi h24 negli ospedali e nelle strutture sanitarie, visto che nelle ore notturne si verifica circa il 25% delle aggressioni.
Procedure rapide e automatiche di denuncia, con tutela legale per gli operatori e con la necessità, come richiesto dal sindacato, che le aziende si costituiscano obbligatoriamente parte civile.
Supporto psicologico garantito alle vittime di violenza.
Campagne di sensibilizzazione rivolte ai cittadini per promuovere il rispetto del personale sanitario.
Nuove assunzioni per ridurre il carico di lavoro e prevenire il burnout, rilanciando la sanità territoriale e rasserenando pazienti che hanno perso letteralmente la bussola.
De Palma: «Basta sottovalutare il problema»
«I dati sono inequivocabili: la violenza contro gli operatori sanitari è fuori controllo e continua a crescere. Non possiamo più limitarci a condannare gli episodi dopo che si sono verificati. Servono interventi immediati e strutturati. Gli ospedali devono diventare luoghi sicuri per chi lavora e soprattutto per chi si cura. È tempo di agire, non più di lasciar correre», conclude De Palma del sindacato NURSING UP.