Ad Avezzano, una storia di soprusi e violenza. Una giovane ragazza di etnia rom, oggi diciassettenne, sarebbe stata vittima di un incubo fatto di coercizione, schiavitù e privazioni. Consegnata dalla madre in cambio di denaro secondo il rito Rom, la minore sarebbe stata costretta a concepire un figlio, privandola della possibilità di affezionarsi a lui, poiché destinato ad altri parenti. Dopo essere stata affidata a una casa famiglia, è emerso un quadro ancor più inquietante che ha portato al rinvio a giudizio di quattro cittadini di nazionalità romena di etnia Rom, tra cui il compagno, il suocero, la suocera e la madre della minore.
Portata in Italia, la ragazza sarebbe stata segregata e costantemente sorvegliata. Le sarebbero stati sottratti i documenti, rendendola impossibilitata a contattare i familiari rimasti in Romania. Le poche telefonate con la madre e i fratelli erano ipercontrollate, mentre il suo corpo e la sua volontà erano nelle mani dei suoi aguzzini. Pestaggi, maltrattamenti e continue minacce facevano parte della sua quotidianità, mentre nei luoghi pubblici veniva forzata all’accattonaggio. Ospedali, cliniche, luoghi di culto e supermercati erano i luoghi dove, ogni giorno della settimana, doveva chiedere l’elemosina, consegnando poi tutti i proventi ai suoi carcerieri.
A far luce su questo dramma sono stati i Carabinieri di Avezzano, che nel 2023 hanno scoperto le condizioni disumane in cui la minore viveva. L’attenta attività investigativa ha portato all’arresto di tre degli imputati (ex compagno, suocero e suocera) nel marzo del 2024, grazie a un’ordinanza cautelare firmata dalla giudice Guendalina Buccella. Nonostante le difese abbiano sollevato numerose incongruenze, il giudice Marco Billi ha confermato il rinvio a giudizio per tutti e quattro gli accusati, fissando l’udienza presso la Corte di Assise dell’Aquila per il 2 aprile 2025.