Negli ultimi giorni, la questione dell’elettorato passivo dei Sindaci pugliesi ha scosso il dibattito politico regionale e nazionale. Il Ministero dell’Interno ha confermato l’incostituzionalità della norma introdotta dal Consiglio Regionale della Puglia, che imponeva ai primi cittadini intenzionati a candidarsi alle elezioni regionali di dimettersi sei mesi prima del voto. Una decisione che rappresenta un duro colpo alla democrazia e ai diritti politici di una categoria già regolata da disposizioni specifiche del TUEL.
La norma, approvata a scrutinio segreto, ha immediatamente sollevato critiche da parte di amministratori locali e rappresentanti istituzionali. L’Anci Puglia ha raccolto e amplificato il dissenso espresso da numerosi Sindaci, indipendentemente dall’appartenenza politica o dalla dimensione del Comune amministrato. La contestazione si è basata sulla palese ingiustizia e discriminazione nei confronti di chi, ricoprendo il ruolo di primo cittadino, si vede privato della possibilità di concorrere alle elezioni senza un sacrificio preventivo della propria carica.
Ora la palla passa al Consiglio Regionale della Puglia, chiamato a prendere una decisione cruciale: revocare una norma antidemocratica o attendere che sia il Governo centrale a impugnarla, con un inevitabile scontro istituzionale. Il rischio di un intervento governativo non è da sottovalutare, considerando che il Viminale ha già evidenziato come la disposizione violi la legge 165/2014 e i principi costituzionali.
Ma il problema non si ferma ai confini pugliesi. Anche l’Abruzzo si trova di fronte alla stessa questione, con il rischio di seguire l’esempio negativo della Puglia. La domanda che sorge spontanea è se la Regione Abruzzo deciderà di intervenire autonomamente per garantire la piena legittimità del diritto di elettorato passivo dei Sindaci o se aspetterà un intervento esterno. Anci Abruzzo cosa ne pensa al riguardo?
Questa vicenda rappresenta un banco di prova per la tenuta democratica delle istituzioni regionali. Limitare i diritti politici di una categoria specifica senza un fondamento giuridico solido significa minare la fiducia nelle regole del gioco democratico. La politica regionale ha ora l’opportunità di correggere un errore grave e riaffermare il principio di uguaglianza e partecipazione, valori fondamentali della nostra Repubblica.