ROMA – “La salute mentale ha bisogno di almeno 2 miliardi in più e del 30% di personale in più”, a chiederlo è il Collegio Nazionale dei Direttori dei Dipartimenti di Salute Mentale, per la prima volta riuniti in un organismo unitario, mentre è all’esame in Senato il disegno di legge Zaffini sulla riforma dell’assistenza psichiatrica sul territorio. Le persone con problemi di salute mentale prese in carico nel 2023 sono state oltre 770 mila, pari all’1,5% della popolazione, ma secondo le stime, se si considerano solamente i disturbi più gravi, oltre due milioni di cittadini non hanno accesso alle cure, con un aumentato bisogno cui i servizi non riescono a far fronte. A pesare è la paura dello stigma, ma anche la difficoltà stessa dei servizi nel prenderli in carico, con una quota di spesa per la salute mentale di appena 3,6 miliardi l’anno, che colloca l’Italia agli ultimi posti in Europa tra i Paesi ad alto reddito. Tra le aree di intervento prioritarie indicate dal Collegio, strategie di prevenzione e screening nella popolazione, soprattutto tra i più giovani, maggiore integrazione tra i servizi dell’infanzia, dell’età adulta e delle dipendenze e, infine, interventi per evitare che la psichiatria venga usata come strumento di custodia, anziché di cura.
Da Cenerentola della sanità pubblica, a fantasma nei lavori del G7 Salute, stretta tra risorse economiche scarse, poco personale e una crescita del disagio psichico, la salute mentale è sempre più in affanno, con una preoccupante quota di sommerso, ovvero di italiani che dovrebbero esser seguiti dai servizi di cura e non lo sono, pari a circa a due milioni di persone. A lanciare l’allarme, in vista della Giornata Mondiale, sono i Dipartimenti di Salute Mentale che, con 150 incontri previsti in tutta Italia, chiedono risorse adeguate e un aumento dell’organico per un rinnovato modello organizzativo e dei rapporti con l’Autorità Giudiziaria, mentre in Senato è stato avviato, con un ciclo di audizioni, l’esame del disegno di legge Zaffini che ha l’obiettivo di riformare l’assistenza psichiatrica sul territorio.
IN ITALIA 2 MILIONI DI PERSONE SENZA CURE: A PAGARE IL PREZZO PIÙ ALTO BAMBINI E RAGAZZI
A parlare del sommerso sono i numeri: “Secondo le stime epidemiologiche, a soffrire di disturbi psichici, sarebbe almeno il 5% della popolazione, pari a circa 3 milioni di persone, percentuale che sale al 10% se si includono anche i disturbi più lievi, come ad esempio gli attacchi di panico – osserva Giuseppe Ducci, Vicepresidente del Collegio Nazionale dei Direttori dei Dipartimenti di Salute Mentale e Direttore del Dipartimento di Salute Mentale e delle Dipendenze Patologiche della ASL Roma 1 –. Le persone con disturbi mentali prese in carico nel 2023 dai servizi sanitari pubblici sono state in Italia oltre 770mila, pari all’1,5% della popolazione. Ciò significa che, considerando solamente i disturbi più gravi, c’è un 3,5% di persone, equivalente a oltre due milioni di cittadini, che non ha accesso ai servizi. A pesare è la paura dello stigma, ma anche la difficoltà stessa delle strutture nel prenderli in carico e a pagare il prezzo più alto sono le categorie più fragili. Le fasce sociali più svantaggiate, donne, anziani, ma soprattutto bambini e adolescenti, sempre più vittime delle dipendenze da sostanze, ansia, depressione, e disturbi del neuro-sviluppo che nel 50% dei casi risalgono già alla gravidanza”.
LE AREE DI INTERVENTO PRIORITARIE
“La salute mentale in Italia ha fatto significativi passi avanti a partire dalla Legge 180, conosciuta come Legge Basaglia, di cui si festeggiano quest’anno i 100 anni dalla nascita, che ha promosso un approccio comunitario, fondato sul rispetto della soggettività e dei diritti della persona – afferma Fabrizio Starace, Presidente del Collegio Nazionale dei Direttori dei Dipartimenti di Salute Mentale e Direttore del Dipartimento di Salute Mentale di Modena -. Tuttavia, i cambiamenti sociali ed epidemiologici degli ultimi decenni e la nascita di nuovi bisogni, come ad esempio il dilagare dell’abuso di sostanze e dei disturbi dello spettro autistico, impongono di rilanciare e ridisegnare i DSM per aggiornare e migliorare la qualità dell’assistenza psichiatrica in tutte le fasce di età a partire da quella neonatale, con un aumento delle risorse e di investimenti sul personale per un nuovo modello organizzativo dei DSM che includa i servizi per l’età evolutiva e per le dipendenze, presenti solo nella metà dei dipartimenti”.
Questa, in estrema sintesi, la proposta lanciata dal Collegio Nazionale dei Dipartimenti di Salute Mentale, una rete nazionale di 120 direttori, ogni giorno in prima linea e insieme per la prima volta in un organismo unitario, in rappresentanza delle esigenze e delle difficoltà di tutte le professionalità operanti nei DSM, dei pazienti e dei loro familiari.
SERVONO 2 MILIARDI IN PIÙ E UN AUMENTO DEL 30% DEL PERSONALE
“Uno dei problemi più urgenti per i servizi di salute mentale in Italia è la scarsità di risorse economiche e professionali. Chiediamo che almeno il 5% del Fondo Sanitario Nazionale e Regionale venga destinato alla salute mentale, più percentuali specifiche per l’infanzia e l’adolescenza (2%) e per le dipendenze (1,5%). Un investimento che darebbe un grande ritorno sul piano assistenziale, oltre a essere un volano di sviluppo del Paese fortissimo pari ad almeno il 2% del PIL – osserva Ducci –. È dunque indispensabile per la stessa sopravvivenza dei DSM, ridefinire la quota di spesa per l’assistenza psichiatrica, oggi in calo in media al 2,5% del Fondo Sanitario Nazionale e Regionale, pari a poco più di 3 miliardi e mezzo che rendono l’Italia fanalino di coda in Europa tra i Paesi ad alto reddito. Per raggiungere il 5% previsto dalla conferenza unica Stato-Regioni solo per la salute mentale degli adulti, servono almeno 2 miliardi in più, essenziali per garantire l’adeguamento degli organici agli standard ministeriali”. Nei DSM, sono presenti circa 25.000 operatori tra psichiatri, psicologi, infermieri e educatori, cioè 55 per ogni 100mila abitanti, oltre il 30% in meno rispetto a quanto previsto dagli standard AGENAS, recepiti in Conferenza Unica Stato-Regioni e sottoscritti dal Ministero della Salute, che prevedono 83 operatori ogni 100mila abitanti.
SOLO IL 12% DEI RAGAZZI CON DISTURBO PSICHICO PASSA AI SERVIZI PER ADULTI: NECESSARIO GARANTIRE CONTINUITÀ DELLE CURE
Il secondo nodo sono i modelli organizzativi. “In questa situazione d’emergenza, siamo chiamati a rispondere a nuovi bisogni, soprattutto tra i giovanissimi, come i disturbi del comportamento alimentare, i disturbi della personalità e quelli dello spettro autistico, il dilagare delle dipendenze da sostanze e alcool, che sollecitano soluzioni diverse rispetto al passato e più specifiche competenze – afferma Ducci -. Obiettivo irrinunciabile è attuare interventi di prevenzione in tutte le fasce di età, fin dalla gravidanza, con particolare attenzione agli stili di vita e al contesto familiare, e poi con successivi programmi di screening per intercettare precocemente problemi del neuro-sviluppo che, nel 50% dei casi, risalgono già all’età prenatale”.
La maggiore età è un passaggio critico per i disturbi mentali. “Solo la metà delle regioni garantisce la continuità delle cure tra infanzia ed età adulta per bimbi e ragazzi affetti da disturbo psichiatrico –prosegue Starace –. In Italia, infatti, appena il 12% dei giovani passa ai servizi di salute mentale per adulti, dopo aver raggiunto il limite di età massimo per le cure pediatriche”. “L’integrazione tra salute mentale per adulti, dipendenze patologiche e servizi per l’età evolutiva – aggiunge Ducci – è, dunque, una soluzione organizzativa necessaria per facilitare la transizione tra i servizi per minori e adulti, modello attualmente applicato solo in alcune regioni, mentre va esteso a livello nazionale”.
PSICHIATRIA STRUMENTO DI CURA, NON DI CUSTODIA: URGENTE CREARE SEZIONI PSICHIATRICHE NELLE CARCERI E RIFORMA DEL CODICE PENALE
Un terzo aspetto critico è il rapporto tra disturbi psichici e il sistema della giustizia. La priorità da questo punto di vista è evitare il rischio di un ritorno al passato con la psichiatria usata come strumento di custodia e controllo sociale, anziché di cura. “Il sistema rischia di usare le nuove residenze, che hanno preso il posto dei manicomi giudiziari, come “svuotacarceri”. Molti detenuti sono assegnati alle REMS per disturbi di personalità antisociali, dipendenza da sostanze, marginalità sociale, che non vanno confuse con le malattie psichiatriche che possono giovarsi di percorsi residenziali nelle strutture di cura”, sottolinea Ducci. Fra i nodi irrisolti, invii inappropriati sulla base di perizie disinvolte di pericolosità sociale e infermità di mente.
“Proponiamo la creazione di sezioni sanitarie specialistiche psichiatriche all’interno delle carceri dove poter effettuare trattamenti sanitari obbligatori (TSO) in conformità con la legge – precisa Starace -. Inoltre ci sono in questo campo riforme legislative necessarie, come l’abrogazione dell’articolo 89, relativo al vizio parziale di mente, e dell’articolo 203, sulla pericolosità sociale di tipo psichiatrico”. Di qui l’appello alle istituzioni, sottolineando l’importanza di reinterpretare i principi della Riforma Basaglia alla luce delle attuali sfide sociali e sanitarie. “La salute mentale – concludono Ducci e Starace – richiede interventi urgenti e mirati e investimenti adeguati. Il coinvolgimento delle istituzioni in questa battaglia è essenziale”.
Per parlare di tutto questo con i cittadini, i Dipartimenti di salute mentale si aprono al pubblico, il prossimo 10 ottobre, con oltre 150 eventi previsti in tutta Italia e un collegamento in streaming tra tutte le “piazze”. Tutti i cittadini sono invitati a partecipare agli incontri tra operatori, utenti, familiari e associazioni per confrontarsi sui temi del benessere psichico che si terranno in luoghi aperti di pertinenza dei DSM, ma anche nelle scuole e in altri luoghi istituzionali.