di Americo Tangredi
MAGLIANO DEI MARSI- “I nostri guerrieri troppo lontani sulla pista del bisonte e quella musica distante diventò sempre più forte. Chiusi gli occhi per tre volte, mi ritrovai ancora li, chiesi a mio nonno è solo un sogno, mio nonno disse si”. Queste splendide parole tratte dalla canzone Fiume Sand Creek del grande poeta Fabrizio De Andrè sembrano ben accostarsi ad una delle due figura che oggi vogliamo descrivere in questo articolo: il beato Alce Nero.
Alce Nero nacque il 1° dicembre del 1863 a Little Powder River nello stato del Montana ed è stato uno sciamano presso le tribù degli Oglala e dei Lakota-Sioux, quindi era davvero un uomo importante. Aveva 12 anni quando partecipò alla famosa Battaglia del Little Bighorn in cui i nativi americani, guidati da Toro Seduto sconfissero – siamo nel 1876- un corpo dell’esercito degli USA comandato dal celeberrimo George Amstrong Custer. Quando ebbe 24 anni seguì il circo di Buffalo Bill, venne anche invitato anche per le celebrazioni per i cinquant’anni di regno della regina Vittoria, ma quell’esperienza fu per lui qualcosa di veramente deludente.
Decise di ritornare negli USA, il destino avverso lo stava attendendo a Wounded Knee – il luogo dove nel 1890 l’esercito americano compì un efferato eccidio – ma il Signore vegliava su di lui e da quella disavventura ne uscì solo ferito. Alce Nero quando incontrò il cattolicesimo? Fu grazie alla sua prima moglie Katie War Bonnet – sposata nel 1892- che convertita al cattolicesimo gli parlò di questa nuova religione. Solo dopo la morte di Katie nel 1904 si fece battezzare, proprio nel giorno di San Nicola il 6 dicembre: da quel momento si fece chiamare Nicholas Alce Nero. Dalla conversione Nicola Alce Nero prestò servizio come catechista e sciamano: può sembrare qualcosa di stridente, ma per lui il Grande Spirito ed il Cristianesimo non andavano in contraddizione.
Alce Nero morì nel 1950 e riposa nel cimitero cattolico di Sant’Agnese a Manderson-White Horse Creek nel Sud Dakota. Il 21 ottobre del 2017 il vescovo della diocesi di Rapid City Dwayne Gruss aprì formalmente il processo di canonizzazione di Nicola Alce Nero.
Altra nativa americana sulla strada della santità è Kateri Caterina Tekakwitha: una ragazza nata e vissuta tra gli anni ’50 e ’80 del 1600. Caterina nacque nello stato di New York da un capo irochese mohawk e da una donna della tribù dei algochina convertita al cristianesimo. In seguito alle epidemie di vaiolo portate dagli europei, Caterina restò orfana di padre e di madre alla tenera età di quattro anni: quella terribile malattia gli segnò irrimediabilmente il suo viso. Nonostante ciò, la piccola Caterina, venne adottata dagli zii e venne avviata alla caccia; diventò abile nella concia delle pelli e nel ricamo. Ben presto gli zii decisero di darla in sposa ad un giovane guerriero della tribù: contrariata da quel contratto di matrimonio, Caterina scappò presso la missione di Sault- Saint Luis gestita dai missionari gesuiti nel territorio del Canada. I missionari restarono meravigliati dal comportamento di questa ragazza, tanto che la chiamarono con il bel nome di “Giglio degli Agniers” – Agniers venivano chiamati i membri della tribù dei mohawk-.
Nella giorno di Pasqua dell’Anno del Signore 1676 venne battezzata con il nome di Caterina e visse nella missione aiutando sia i missionari e sia la popolazione autoctona ed europea. Il 25 marzo del 1679 decise di consacrare la sia vita a Cristo facendo voto di castità, ma la sua vita religiosa durò molto poco: il suo fisico si ammalò e Caterina morì il 17 aprile del 1680.
Venne beatificata nel 1980 da papa Giovanni Paolo II e canonizzata da papa Benedetto XVI il 21 ottobre del 2012. Caterina è stata la prima santa autoctona dell’America del Nord.