L’azione di contrasto alla “violenza di genere” è un impegno comune che coinvolge tutti gli attori sociali. Per questo, i carabinieri sono schierati contro ogni forma di sopraffazione, specie se ai danni delle fasce più deboli della popolazione. L’Istituzione sta facendo e continuerà a fare la sua parte schierandosi sempre a fianco delle vittime. Come conseguenza della crescente sensibilità dell’Arma verso il fenomeno della violenza di genere, si è investito molto sulla formazione e la specializzazione del personale così da accrescere le dovute competenze in risposta alle mutate esigenze investigative volte a infrenare il dirompente fenomeno delittuoso.
Le 60 stazioni carabinieri, che operano alle dipendenze del comando provinciale dell’Aquila, rappresentano un punto di riferimento per l’intera cittadinanza.
La violenza di genere, che spesso si sviluppa all’interno dell’ambiente familiare, resta un crimine particolarmente odioso non sopportabile per una società civile. Rispetto alle multiformi manifestazioni del reato, i fattori scatenanti trovano nutrimento nella discriminazione dei diritti dell’individuo, dove l’agire è dettato per lo più dall’ignoranza e da retaggi culturali completamente superati.
Con l’entrata in vigore del “codice rosso” (L. 19 luglio 2019, n. 69), che ha introdotto nuovi articoli al codice penale, disciplinandone anche l’iter processuale, è stato messo a punto un meccanismo di “accelerazione procedimentale” e di tutela alle vittime di violenza di genere e domestica. Lo stesso meccanismo, a fine anno 2023, è stato ulteriormente rafforzato con il c.d. decreto Roccella (L. 168/2023), che introduce ulteriori strumenti di contrasto al ripudiante fenomeno in sensibile accrescimento. All’uopo, particolarmente efficaci si sono rivelate le ristrette tempistiche d’intervento da parte della magistratura e polizia giudiziaria, che possono adottare immediati provvedimenti cautelari e pre-cautelari, come l’allontanamento dalla casa familiare. Altrettanto efficaci il ricorso al braccialetto elettronico e l’arresto in flagranza differita anche per la violazione dei provvedimenti in tema di allontanamento dalla casa familiare e divieto di avvicinamento.
Considerando l’impegno profuso sulla delicata questione e le numerose campagne di sensibilizzazione avviate da tutte le componenti istituzionali coinvolte, si è ritenuto dover tracciare un primissimo bilancio di quanto accaduto in provincia nell’ultimo anno e mezzo, che denuncia numeri non proprio rassicuranti. Ciò a significare che il processo di cambiamento è ancora lungo e necessita di maggiore incisività, non tanto sotto il profilo della repressione del reato in sé, quanto alla necessità di investire maggiormente su prevenzione e crescita culturale, puntando soprattutto sulle scuole e sulle famiglie.
Anzitutto v’è da specificare che l’analisi è stata fatta sulla base del patrimonio informativo proveniente dalle cinque compagnie carabinieri che operano sull’intera provincia, che non consente una valutazione del “sommerso” (sebbene possibile) costituito dai casi non denunciati e nemmeno conosciuti.
I reati per i quali i carabinieri, a vari livelli, sono stati chiamati a intervenire durante l’anno appena trascorso ed i primi cinque mesi di quello corrente, dimostrano un trend in generale aumento. Allo scopo di avere una cognizione sulle proporzioni del fenomeno analizzato, raffrontando i periodi che vanno da gennaio a maggio per ciascuno degli anni considerati (2023 – 2024), risulta praticamente raddoppiato il numero degli interventi effettuati. Infatti, si è passato da 29 a 59 richieste di pronto intervento, un accrescimento quasi proporzionale al numero delle segnalazioni, in fumus di reato, raccolte e comunicate alle competenti procure della Repubblica presenti sul territorio (L’Aquila, Avezzano e Sulmona), che passano da 42 a 49 denunce per le quali si è proceduto a piede libero (+ 16,6%). In aumento anche gli arresti in flagranza, da 12 a 22 (+ 83,3%). Parimenti aumentate le ordinanze di custodia cautelare, emesse dall’A.G. a culmine delle indagini preliminari devolute ai reparti dell’Arma, da 18 a 24 misure cautelari personali eseguite (+ 33%) tra permanenza domiciliare e carcere, queste ultime leggermente prevalenti.
Fortunatamente non si registrano casi di irreparabile gravità, sfociati nel femminicidio o nelle le lesioni personali di deformazione dell’aspetto della persona. A novembre scorso, si ricorderà, in un caso di particolare urgenza, una pattuglia di una stazione dell’aquilano, è intervenuta in soccorso di una donna accoltellata in casa dal marito. L’uomo venne immediatamente arrestato con l’accusa di tentato femminicidio.
Recentemente, e in netta controtendenza, è stato registrato un solo caso di atti persecutori che vede la parte vessata essere rappresentata dal genere maschile. In tal caso si è optato per il ricorso all’istituto dell’”ammonimento” diretto all’ex compagna, richiesto direttamente dalla parte offesa.
La guardia alzata contro la “violenza di genere”, non sempre caratterizzata da atti di particolare gravità o aggressività, come ad esempio le liti verbali, subdole azioni o atteggiamenti lesivi, che pure potrebbero assumere un rilievo penale, resta comunque alta.
Tanti gli accorgimenti e gli strumenti messi a disposizione e utilizzati delle nostre pattuglie che vigilano costantemente il territorio. In caso d’intervento, le varie componenti dispongono di un corposo bagaglio di informazioni, sia quantitative che qualitative, ormai da tempo immagazzinate negli applicativi informatici interforze (“SCUDO”), che permetterà di evidenziare precedenti interventi anche in caso di mancata denuncia dalla parte offesa.
Al fine di identificare tali fenomeni, che spesso rimangono sepolti al di’ sotto di una apparente normalità, anche l’ascolto delle vittime assume una prioritaria importanza; a tal fine, si ribadisce, è stata in aggiunta particolarmente curata la formazione e la sensibilità del personale schierato. A corredo di ciò, in diverse caserme, come in questa sede, sono state allestite apposite stanze che possano agevolare un approccio informale ed empatico con le vittime, affinché possa facilitarsi l’inizio di una difficile cicatrizzazione del vulnus subìto dalle stesse vittime.