Riduzione, regia e interprete Gabriele Ciaccia,
Collaborazione alla drammaturgia Valentina Ciaccia
Apparati storico iconografici Mauro Pace , Audio luce Boris Granieri – Produzione Gabriella Montuori
Uscita di sicurezza, memorie politiche e personali da scritti tra il 1942 e il 1962, fu pubblicato nel 1965 in piena Guerra Fredda tre anni prima del dirompente ’68. Ignazio Silone è già conosciuto e molto apprezzato nel mondo; fu il suo primo successo letterario italiano, prima negato per motivi politici ed ideologici. Il libro è un insieme di piccoli libri, episodi tutti plausibili di sviluppi drammaturgici e filmici, è costituito da racconti, riflessioni, saggi. Nel libro Silone ripercorre sue memorie dall’infanzia, intrise già di osservazioni critiche, di alta morale ed umanità. Nel clima del terremoto, delle sofferenze e delle perdite familiari per soffermarsi poi, con una acuta partecipazione, sui grandi incontri e giungere alla sua ideale conclusione entrando nelle vicende della appartenenza all’idea comunista e alla sofferta e forte ferita dell’uscita dal partito. In questi salti discronici si addensano, come nella mente, sovrapposizioni e profondità, silenzi critici e dubbi esistenziali, strategie di fuga.
Frammenti di tempo per una drammaturgia della storia. Narrazioni incise negli avvenimenti del secolo delle ideologie, dei totalitarismi, degli eroismi, delle prigionie, delle opinioni, dei dissensi, dei materialismi, dei razionalismi, delle guerre, degli olocausti… delle vicine conoscenze della morte nel terremoto e nelle persecuzioni fasciste.
Scritture tracce della Storia. La messa in scena traduce la memoria in spettacolo, una memoria intima ma universale, una memoria di passaggi ideologici intrisa di visioni, dove l‘immagine è insieme retaggio di un linguaggio ma soprattutto stratificazione documentale. La densità del percorso che le parole tracciano, vuole sostanziare nei vari livelli recitativi il percorso interiore, ma anche la forza della condanna, dell’invettiva, del coraggio, della scelta in solitudine, dell’allontanamento da “sicurezze” per la nuova via della libertà. Professione di fede e senso di sofferta delusione. « Che mi rimane della lunga e triste avventura Una segreta affezione per alcuni uomini che vi ho conosciuti, e il gusto di cenere di una gioventù sciupata. La colpa iniziale fu certamente mia nel pretendere dalla azione politica qualcosa che essa non può dare. Anche la rivolta per impulso di libertà può dunque essere una trappola, mai peggiore della però della rassegnazione. Ogni volta che ripenso a queste disgrazie a mente serena sento risalire dal fondo dell’anima l’amarezza di un’infelicità a cui forse m’era impossibile sfuggire ». Con questa intima e toccante chiosa, Silone anticipa e analizza freddamente e sentimentalmente la tragedia dello stalinismo, senza toni di autocelebrazione. Emerge la sua forza interiore e l’unicità di una scrittura insieme appassionata, forte e libera da ogni legame e preclusioni ideologiche, religiose e politiche. Lo spettacolo nasce da un complesso lavoro di sintesi e riscrittura dove rivivono, nel rispetto dell’impianto del racconto e dei flash-back, alcuni personaggi della contrada, della politica e del potere, dei grandi della storia del novecento, le fughe, le uscite di sicurezza, ma soprattutto il suo combattimento interiore, alla ricerca di una vera umanità.
Progetto “Uomini e tempo” La storia, la scrittura, la memoria.
in collaborazione con Centro Studi Internazionale e Parco Letterario “Ignazio Silone” .
Dopo aver toccato la Lombardia e l’Emilia, lo spettacolo verrà presentato per gli studenti il 14 marzo al Teatro dei Marsi di Avezzano, il 15 marzo a Tagliacozzo, 27 marzo a Celano. Seguiranno poi Pescara, Bisceglie e altre date italiane.