“Sono tre giorni che non dormo e non mangio, non vivo più, ricevo in continuazione telefonate di morte, messaggi; hanno perfino chiamato mia madre 85 enne, tutta la mia famiglia è sotto una gogna”. E’ un provato Andrea Leombruni quello che apre la porta di casa per sfogare dopo giorni le sue ragioni, lui che ha esploso nel cuore della notte il colpo fatale per Mamma Amarena, l’orsa bruna marsicana, madre dei due cuccioli che da più di 48 ore i guardiaparco del Parco azionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, insieme ai carabinieri forestale dell’Aquila stanno tentando di catturare con reti ed esche.
“Ho sbagliato; l’ho capito subito dopo aver esploso il colpo… i carabinieri li ho chiamati io – continua Leombruni mentre piange rivivendo quelle immagini – ci devi passare per capire quello che sto provando ora”. La famiglia è compatta attorno al commerciante. “Non è giusta questa violenza e questo martirio che ci stanno facendo, – commenta la moglie di Leombruni – c’è la Procura che indaga, sono loro i titolati a farlo, a giudicare, noi sicuramente saremo puniti e ripeto giustamente, ma perché dobbiamo vivere sotto scorta? Perché dobbiamo aver paura di vivere?”.
Intanto il procuratore capo di Avezzano, Maurizio Maria Cerrato ha nominato due esperti: Rosario Fico anatomopatologo veterinario e Paride Minervini tenente colonnello dell’Esercito italiano, come perito balistico, e domani si terrà l’esame sulla carcassa. Poco distante dall’abitazione era spuntato un murales dove veniva raffigurato un cacciatore che imbraccia un fucile con scritto “Giustizia”, cancellato dopo qualche ora da una vernice rossa.
“Io ho il porto d’armi, ma non vado a caccia da 25 anni, – continua Leombruni – è successo qui”, indicando il pollaio, una struttura ben recintata con la rete anche nella parte superiore, dove si intravedono ancora le gocce di sangue di Amarena e le penne delle 13 galline mangiate dall’Orsa, “in uno spazio piccolissimo, io mi ero appostato per vedere chi fosse, mi sono trovato all’improvviso quest’orso ed ho fatto fuoco per terra, non ho mirato, il fucile aveva un solo colpo”.
Nel frattempo a San Benedetto dei Marsi si respira una aria fitta, pesante, “È una brava persona, ha sicuramente sbagliato ma basta con la persecuzione e l’istigazione all’odio – dichiara un parente – Qui non siamo pro o contro un orso qui noi stiamo parlando di un padre di famiglia, un lavoratore che non esce di casa da giorni e sta come uno straccio buttato a letto, che riceve quotidianamente minacce di morte; questo murales è una vergogna spero lo rimuovano subito”. Gran parte dei cittadini si sono schierati in protezione dell’indagato Leombruni ed altri invece no. “Siamo qui per proteggere una brava persona – quando i carabinieri che presiedono la casa di Leombruni, dopo le minacce di morte, lì fermano per identificarli – doveva esserci una manifestazione siamo preoccupati”. Si riferiscono al sit-in organizzato dalle associazione ambientalisti, ma poi cancellato dal sindaco Antonio Cerasani.
“Ti uccidiamo”, “Farai la stessa fine dell”orsa”, “Anche la tua famiglia è in pericolo”. Queste e tante altre le minacce che sono arrivate al telefono di Andrea Leombruni, che accompagnato dal suo avvocato, Berardino Terra, ha denunciato presso la locale stazione dei carabinieri le minacce di morte ricevute nelle ore successive all’episodio.