L’obiettivo è quello di rendere più consapevoli produttori, trasformatori, ma anche gli utenti. Quelli abruzzesi e non. Perché l’accostamento tra Abruzzo e arrosticini conservi anche un valore di qualità, considerando che dei circa 1,2 milioni di capi lavorati in Italia per fare circa 1,4 miliardi di arrosticini, solo 10mila sono veramente abruzzesi.
Così il Consorzio tutela agnello del Centro Italia e il Gal Abruzzo Italico-Alto Sangro hanno lanciato una campagna di consapevolezza che domani approderà al ristorante Le Grill di Castel di Sangro, ma che ha già toccato una ventina di tappe, tra ristoranti e scuole, da quelle “base” fino all’Accademia di Niko Romito.
Capire qual è la differenza tra un prodotto di qualità e uno prettamente industriale, magari fatto con carni importate dall’estero, è fondamentale sia per chi opera nel settore della ristorazione, sia per chi ha la canaletta in giardino.
Il progetto, finanziato dal PSL (piano di sviluppo locale) del Gal Aias, contribuirà a stilare un disciplinare dell’arrosticino IGP abruzzese: che provenga cioè da razze autoctone, sia tracciabile con Qr code e sia soprattutto di qualità.
“L’arrosticino si fa con la pecora – spiega Nunzio Marcelli, allevatore e presidente del Consorzio – ma visto il binomio inscindibile che si è creato tra questo prodotto e l’Abruzzo, noi dobbiamo puntare ad elevare la qualità della nostra offerta. Stiamo lavorando quindi per rendere riconoscibile un prodotto di alta qualità che utilizzi ad esempio gli agnelloni, anziché le pecore, per gli arrosticini: si tratta di pecore, cioè, che non hanno ancora raggiunto la maturità sessuale e che sono caratterizzate da una carne più magra o comunque con un grasso più digeribile. Oltre l’agnello IGP, insomma, creare l’arrosticino IGP”.
Il progetto del Gal Aias continuerà durante l’estate con corsi di formazione sulle carni di ovini al pascolo e sulle varie tecniche di trasformazione.