di Leonardo Alfatti Appetiti
“Nessuno ne parla, ma 50 anni fa moriva #EzraPound uno dei più grandi pensatori e letterati del Novecento, perseguitato, sottoposto a un tentativo di damnatio memoriae che non ne ha scalfito la luce e il ricordo”.
A twittare è Enrico Ruggeri, voce fuori dal coro del politicamente corretto, musicista e scrittore che da sempre ci ha abituato a posizioni controcorrente. Il 1° novembre, sulla sua pagina ufficiale di Twitter, in occasione dei cinquant’anni dalla morte del grande poeta statunitense Ezra Pound, avvenuta a Venezia nel 1972, ha lanciato un j’accuse che certamente non suona come un sommesso cinguettio.
Perseguitato. Sì, dice bene Ruggeri. Messo in gabbia, letteralmente, da vivo, Pound ha subìto, dopo la sua morte, una vera e propria congiura del silenzio da parte della cultura ufficiale. Salvo rare eccezioni, ovviamente, e Ruggeri è una di queste. Lo stesso cantante che, nel giorno della ricorrenza del “compleanno” del poeta (il 30 ottobre 1885), aveva twittato una citazione, sempre di Pound, altrettanto forte: “Il modo più logico per distribuire ricchezza è distribuire lavoro”.
Ruggeri denuncia una distrazione tutt’altro che casuale. Il cinquantennale rappresenta una di quelle ricorrenze che solitamente servono ai giornaloni come gancio per richiamare in vita personaggi di modestissima valenza. Quello di Pound, invece, è passato quasi sotto silenzio. Diciamo quasi perché un altro Ruggeri, Miska, giornalista di Rai Due, ha realizzato e mandato in onda un bel servizio.
E qualche articolo è comparso qua e là. Poco rispetto a una figura che, al di là delle sue idee politiche o malgrado le sue idee, se preferite, è considerato centrale per la cultura del secolo scorso.
Hemingway affermò che i Cantos, poesie tanto citate quanto poco lette (di complessa lettura, indubbiamente) “dureranno finché esisterà la letteratura”.
Come scrive Enrico Ruggeri, “il tentativo di damnatio memoriae non ne ha scalfito la luce e il ricordo”.