Per la prima volta dopo 30 anni, i depressi che non rispondono alle terapie, 300mila in Italia e 100 milioni nel mondo secondo l’Oms, hanno una cura in grado di agire in tempi più rapidi ed efficaci delle terapie standard e che potrebbe ridurre le ideazioni suicidarie. Uno dei principali problemi legati al trattamento farmacologico della depressione maggiore, infatti, è il lungo intervallo di tempo che intercorre prima del miglioramento dei sintomi depressivi, che può essere fatale. Il nuovo farmaco, a differenza degli altri, agisce su un meccanismo innovativo che insorge rapidamente e persiste anche dopo la fine del trattamento. A dirlo sono gli esperti della Società Italiana di Psichiatria (SIP), riuniti a Genova per il congresso nazionale, alla luce dei risultati clinici molto incoraggianti del primo studio italiano su Esketamina, un derivato della ketamina, utilizzato dagli anni ‘70 in tutti gli ospedali come anestetico e impiegato in veterinaria. Si tratta però, anche di un allucinogeno, vietato quasi ovunque, perché considerato stupefacente.
“I risultati del nostro studio, che si aggiunge agli studi ed esperienze cliniche che hanno accompagnato il dossier di approvazione anche da parte di AIFA nell’aprile scorso, – dichiarano Massimo di Giannantonio, autore della ricerca e co-presidente SIP insieme ad Enrico Zanalda – dimostrano che la ketamina può risolvere casi molto gravi di depressione di molti malati che non rispondono alla cura, con alle spalle tentativi di suicidio. La nuova molecola anticipa di quindici giorni l’efficacia delle terapie tradizionali che impiegano più settimane prima di dare risultati. I sintomi migliorano già dalle prime ore con effetti più potenti e persistenti rispetto alle terapie standard e sono ben tollerati. Ma – avvisano gli esperti – si tratta di un farmaco di fascia H territoriale ad uso ospedaliero, cioè utilizzato solo negli ambulatori territoriali dei Dipartimenti di Salute Mentale, da impiegare sotto stretto controllo medico e riservato alle sole forme di depressione resistente al trattamento e a rischio di suicidio”.
Risultati clinici del primo studio italiano su Esketamina
I risultati clinici del primo studio italiano su Esketamina, pubblicati sul Journal of Affective Disorders, è sicuro e più rapido ed efficace nella cura contro la depressione resistente ai trattamenti, anche nei pazienti con disturbi della personalità oppure dipendenti da sostanze. La ricerca coordinata dall’Università G. D’Annunzio di Chieti e dall’Università di Brescia, ha coinvolto altri 22 centri sparsi in tutta Italia per un totale di 116 pazienti, trattati con il nuovo farmaco in forma di spray nasale. I risultati mostrano che, grazie al nuovo farmaco, oltre il 64% dei pazienti beneficiano di un miglioramento significativo. Di questi il 40% ha avuto una remissione completa della malattia. “I primi sintomi migliorano già nell’arco delle prime 24 ore da una singola dose, con risultati molto importanti dopo quindici giorni che, a un mese dal trattamento, aumentano ancora di più e dopo due mesi comportano la remissione completa della malattia in quasi la metà dei pazienti”, sottolineano di Giannantonio e Zanalda. Nel contempo i ricercatori non hanno osservato problemi di sicurezza imprevisti.
“L’Esketamina è una molecola specchio della ketamina, vecchio anestetico utilizzato anche come allucinogeno che agisce in un modo del tutto diverso dagli antidepressivi ‘classici’, che hanno effetto sui livelli della serotonina, il neurotrasmettitore chiamato ‘ormone del buonumore’ – spiega di Giannantonio –. La nuova molecola agisce invece sul recettore del glutammato per aiutare a ripristinare la connessione tra le sinapsi nelle cellule cerebrali. Ad aprile scorso, dopo FDA ed Ema, anche AIFA ne ha autorizzato l’impiego in pazienti con depressione con mancata risposta ad almeno due farmaci a un dosaggio e per una durata adeguati”.
“L’effetto della Eskatamina perdura nel tempo ed è ben tollerato – sottolineano gli esperti –. Il farmaco – aggiungono – può avere transitori effetti dissociativi o ipertensivi ma non provoca conseguenze cognitive come la riduzione della memoria di lavoro o della velocità di pensiero. Si tratta perciò di un’opportunità importante per i pazienti con depressione resistente ma va utilizzata sotto controllo medico mantenendo i pazienti sotto osservazione per circa un’ora dopo la somministrazione”.
“Si tratta di un grande passo in avanti per la terapie delle malattie depressive – dicono di Giannantonio e Zanalda – ma serviranno ulteriori studi clinici affinché questa innovazione terapeutica diventi uno strumento nelle mani di tutta la psichiatria italiana. Tuttavia, questi risultati molto promettenti sembrano consentire un’apertura di credito anche nei confronti di altre sostanze psichedeliche, come ad esempio la psilocibina, principio attivo di alcuni funghi allucinogeni ma non potenti come l’LSD. Ciò lascia sperare che, nel futuro, si considerino altre sostanze da studiare e forse anche da utilizzare nella pratica clinica”.