Viviamo in un’epoca in cui la distinzione tra informazione e comunicazione si fa sempre più labile. Nel caso della mia azienda, l’ultima di una serie di azioni diffamatorie è culminata in un articolo fuorviante e tendenzioso, un attacco non solo alla nostra professionalità, ma anche alla correttezza che da sempre contraddistingue il nostro operato e come direttore di questa testata sono veramente stanco di tanta ipocrisia, soprattutto alla luce che dedichiamo h24 il nostro tempo alla professione che ci riempie di orgoglio e di soddisfazione nel farne parte nonostante qualche mela marcia.
La situazione che vorrei portare alla vostra attenzione riguarda un incontro informale avvenuto il 5 novembre 2024. Avendo con la mia azienda un contratto di prestazione di servizi nel Comune di Avezzano, dove fornisco attività di supporto nella comunicazione istituzionale, mi sono incontrato con Marco Di Gennaro collaboratore sia della testata site.it, che dell’associazione culturale Harmonia Novissima e Pino Franceschini, presidente dell’associazione, in rappresentanza del Comune e come esperto del settore. La questione riguardava la gestione del dominio teatrodeimarsi.it, attualmente utilizzato dall’associazione tramite Di Gennaro. Ho spiegato che il Comune, come ente pubblico, è il legittimo proprietario sia del brand che della struttura denominata “Teatro dei Marsi”. Pertanto, l’appropriazione del dominio rischia di configurarsi come un caso di domain grabbing.
Il domain grabbing è una pratica di registrazione di nomi a dominio che sfrutta il marchio altrui per fini personali o commerciali, un comportamento considerato illecito dalla giurisprudenza italiana. Secondo il Codice della proprietà industriale (CPI), il dominio è a tutti gli effetti un segno distintivo, equiparato al marchio. Articoli specifici del CPI, come l’Art. 22, vietano l’utilizzo di nomi a dominio che possano indurre in confusione con un marchio o ente pubblico.
Durante l’incontro, ho cercato di chiarire questa normativa al signor Di Gennaro, spiegando che sarebbe stato opportuno restituire il dominio al Comune. Invece di accogliere con rispetto queste considerazioni, Di Gennaro ha risposto con una domanda provocatoria: “Quanto mi dai?” – Al che ho replicato pacatamente, ribadendo che in primis non è nelle mie facoltà pagare qualcosa per conto di un ente comunale, e ne tantomeno del Comune pagare per qualcosa che gli appartiene già di diritto, e che questa era la forma più comune di abuso, secondo l’ICANN, praticare del “cybersquatting” o “domain grabbing”: l’acquisizione abusiva di nomi a dominio corrispondenti a marchi commerciali altrui o nomi di terzi noti, per agganciarsi all’altrui fama o per farsi pagare un riscatto dal titolare del segno.
Nonostante questo chiarimento, Di Gennaro ha continuato con atteggiamenti provocatori, insinuando addirittura che le mie parole rappresentassero una minaccia.
A quel punto, nonostante l’appoggio di Franceschini, che ha riconosciuto la validità delle mie osservazioni, prendendo le distanze dalle affermazioni di Di Gennaro in quanto non stessi minacciando nessuno, la conversazione è degenerata. La mia reazione finale, sebbene possa essere giudicata poco elegante, è stata dettata dal contesto esasperante di quell’incontro.
Tornato al lavoro, mi sono ritrovato protagonista di un articolo pubblicato da Site.it, che ha falsamente descritto l’accaduto come uno “scippo”, (forse il loro) travisando l’intera vicenda. Non solo le mie parole sono state stravolte, ma i fatti sono stati raccontati senza la minima verifica, ignorando volutamente i testimoni presenti. Questa narrazione parziale e tendenziosa non è altro che una violazione dei principi basilari della deontologia giornalistica, come l’obbligo di verifica dei fatti e di imparzialità, chiedendo la rettifica dei fatti tramite pec.
Il mio intento in questa sede non è solo quello di rettificare quanto accaduto, ma di mettere in luce un problema più ampio: una professione continuamente esposta alla distorsione della verità da parte di chi, in nome di interessi personali o ideologici, non ha remore a travisare i fatti e a lanciare accuse infondate. La manipolazione e l’ignavia nel trattare temi delicati, come la gestione di beni pubblici, non devono essere tollerate, poiché la verità non è merce di scambio.
La domanda è quindi spontanea: Quale interesse personale ha una testata giornalistica a mistificare continuamente i fatti e soprattutto pubblicare una notizia senza verificare con l’altra parte ed i testimoni presenti?
Valuterò azioni legali per ristabilire la verità e proteggere la mia reputazione professionale, chiaramente il tutto è stato riportato sia all’Ordine dei Giornalisti d’Abruzzo che al mio avvocato.
Invito tutti a riflettere su quanto sia cruciale rispettare i confini tra informazione e propaganda, e ad essere sempre pronti a difendere ciò che è giusto, soprattutto quando si è chiamati a rappresentare un ente pubblico.
in allegato la pec inviata al comune PEC-Marco-Di-Gennaro dove vengono riportati i fatti distorti e prelevata dal sito site.it.