Nella giornata di giovedì in cui i leader dei 27 Paesi dell’Unione si sono riuniti per trovare un’intesa sul quadro finanziario pluriennale, oltre mille trattori hanno bloccato le strade di Bruxelles, al punto che la premier estone Kaja Kallas è stata costretta ad arrivare a piedi all’Europa Building. La protesta degli agricoltori, che va avanti da settimane in tutto il continente, è arrivata così alla porta delle istituzioni europee, mentre capi di governo e di Stato hanno provato a sbloccare l’impasse sulla revisione del bilancio a lungo termine per il periodo 2021-2027, compreso il pacchetto di aiuti all’Ucraina da 50 miliardi di euro sul quale l’Ungheria di Viktor Orban aveva posto il veto nell’ultimo summit di dicembre.
Aiuti a Ucraina, come è stata vinta resistenza Orban
Nella bozza delle conclusioni vengono inseriti due punti per provare a vincere la resistenza di Orban. In primo luogo viene aggiunto che “in caso di necessità, tra due anni il Consiglio europeo inviterà la Commissione a fare una proposta di revisione” nel contesto del prossimo quadro finanziario. Il secondo punto dice che “il Consiglio europeo richiama le proprie conclusioni del dicembre 2020 sull’applicazione del meccanismo di condizionalità” dello Stato di diritto impegnandosi a garantire un giusto trattamento degli Stati membri (l’Ungheria ha ancora circa 20 miliardi di fondi europei congelati dalla Commissione che le contesta violazioni dello Stato di diritto, ndr.). Alla fine il muro eretto dal primo ministro magiaro viene giù e il Consiglio dà il via libera all’accordo, con la soddisfazione della premier italiana Giorgia Meloni che rivendica il suo ruolo di mediatore nella difficile trattativa con Budapest.
In realtà, dopo l’inizio dei lavori bastano pochi minuti al presidente del Consiglio europeo Charles Michel per annunciare il “deal”, perché la quadra era stata già trovata nei colloqui delle ore precedenti: quelli della notte tra mercoledì e giovedì, quando Orban ha avuto un faccia a faccia presso l’Hotel Amigo sia con Meloni che con il presidente francese Emmanuel Macron, e quelli di stamattina all’Europa Building, dove si è tenuta una riunione ristretta dei tre leader con il cancelliere tedesco Olaf Scholz, con Michel e con la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen. Alla fine Meloni può cantare vittoria: “Non era facile trovare una soluzione, noi siamo sempre stati convinti che una soluzione a 26 sarebbe stata un precedente pericoloso. Abbiamo lavorato molto per una soluzione a 27 e l’abbiamo portata a casa“. E sulla mediazione con Orban osserva: “Con il primo ministro ungherese abbiamo lavorato cercando di arrivare a un punto che ci consentisse di non dividere l’Europa in un momento come questo, perché abbiamo altri problemi. In Europa bisogna saper dialogare con tutti”. Ma sul tavolo dei colloqui tra la leader di Fdi e il capo del governo di Budapest pesa come un macigno la vicenda di Ilaria Salis, l’italiana incarcerata un anno fa con l’accusa di aver aggredito due estremisti di destra.
Il caso Salis
Le immagini della maestra milanese, portata in catene davanti ai giudici, hanno fatto il giro del mondo e suscitato l’indignazione di una larga fetta della politica e dell’opinione pubblica italiana. La premier chiede al suo omologo che venga garantito il rispetto dei diritti della detenuta, ottenendo una rassicurazione su questo punto da Orban, il quale però fa capire di non poter intervenire a gamba tesa sui giudici: “Ho chiarito che nel sistema ungherese la magistratura non dipende dal governo ma dal Parlamento”, spiega il primo ministro ungherese dopo il vertice con Meloni. “Il sistema giudiziario è totalmente indipendente dal governo. L’unica cosa che sono legittimato a fare – aggiunge Orban – è esercitare un’influenza affinché Salis abbia un equo trattamento“.
Meloni auspica un “giusto processo” per Salis, ma soprattutto un processo “veloce”: “Mi ha colpito – rimarca la premier – che l’udienza sia stata rinviata a maggio, spero che su questo si possa fare magari qualcosa di più. Per il resto né io né Orban possiamo entrare nel giudizio che compete alla magistratura. Posso solo sperare che Ilaria Salis sia in grado di dimostrare la sua innocenza e la sua estraneità” ai fatti contestati. Sullo sfondo resta la partita delle europee e la questione delle alleanze da costruire dopo la tornata elettorale di giugno: anche in questo caso Orban gioca un ruolo importante, dal momento che Fidesz, il partito del leader magiaro, è in procinto di aderire alla famiglia dei Conservatori europei di cui Meloni è presidente. “Il dibattito è aperto” ma se ne parlerà dopo il voto Ue, chiosa la numero uno di Fdi.
Le risorse per i flussi migratori
Sul fronte migranti Meloni saluta positivamente lo stanziamento da parte del Consiglio europeo di risorse per la gestione dei flussi: “Gli 8 miliardi destinati alla dimensione esterna servono ad affrontare il tema della migrazione su un piano sicuramente securitario ma anche su un piano di sviluppo”, afferma la premier, evidenziando come in Europa sia stato accolto con interesse il vertice Italia-Africa andato in scena al Senato pochi giorni fa. Per Meloni c’è tempo anche per un incontro con il presidente della Coldiretti Ettore Prandini, arrivato a Bruxelles per difendere le ragioni della manifestazione che ha portato oltre un migliaio di agricoltori italiani “all’assalto” della sede del Parlamento Ue. “Sono leader politico di un partito che in Europa ha votato contro la gran parte delle questioni che giustamente oggi gli agricoltori pongono – sottolinea la leader di Via della Scrofa -. Abbiamo detto che la transizione ecologica non doveva essere ideologica e che non dovevamo scambiare la sostenibilità ambientale con quella economica e sociale, e oggi cominciamo a vedere i risultati. La politica europea va cambiata“.
(dall’inviato Antonio Atte)
(Adnkronos)