Un altare, un uomo e una donna in attesa del fatidico sì, una ragazza che irrompe in Chiesa e si porta via la sposa sotto la pioggia prima che il matrimonio abbia luogo, salendo con lei su un autobus verso una nuova vita. E’ la trama dello spot Pupa per Sanremo 2024, pubblicato in anteprima dal sito ‘Affari Italiani’ e la cui uscita è prevista per la prossima settimana. Trenta secondi di una storia d’amore omosessuale sui quali infuria già una violenta polemica. “Questo spot rientra nello schema della normalizzazione a tutti i costi delle relazioni omosessuali -tuona infatti con l’Adnkronos il senatore della Lega Simone Pillon- Se a noi adulti lascia indifferenti, è invece un potente strumento di indottrinamento per i ragazzini”.
Tutto questo “ossessivo lasciare messaggi in questi termini porta ad una sorta di propaganda sapientemente orchestrata che ha la finalità di portare avanti quello che è un vero e proprio contagio sociale -aggiunge Pillon- Le conseguenze sono quelle che vediamo con l’aumento della disforia di genere, la confusione di orientamento sessuale nei ragazzini e a farne le spese sono loro. Se andiamo avanti cosi dovremo mettere l’avviso ‘questo spot nuoce gravemente all’orientamento sessuale dei giovani”. Sanremo “è seguito dai giovani -scandisce il senatore leghista- sono anni che fanno un indottrinamento, è diventato un festival lgbtq. Che si continui così lo trovo veramente stucchevole”.
A strettissimo giro arriva la replica di Natascia Maesi, presidente nazionale Arcigay, che interpellata dall’Adnkronos, risponde secca: “Se Pillon grida allo scandalo di fronte ad uno spot che racconta la fuga di due donne che scelgono di amarsi sfidando le convenzioni sociali e il destino di un matrimonio eterosessuale imposto o non desiderato, è perché crede di vivere ancora nel Medioevo, in un mondo che non c’è più. Che gli piaccia o no, le lesbiche esistono e mettono su famiglia”. E ciò che “nuoce gravemente alla salute dei giovani non è la normalizzazione dell’omosessualità che da loro è già stata sdoganata, ma la mancanza di programmi di educazione all’affettività e al consenso nelle scuole. Sono proprio i giovani a chiederci di essere informati, consapevoli e quindi tutelati dalla violenza che nasce dal pregiudizio. E a loro che dobbiamo dare risposte serie e credibili, invece di riproporre la solita la caccia alle streghe”, aggiunge la presidente dell’Arcigay.
Nel dibattito intervengono anche i pubblicitari, che tentano di smorzare le polemiche. “Non capisco la ragione che possa stimolare una polemica, tanto meno un’incitazione all’omosessualità – commenta Marianna Ghirlanda, presidente di IAA International Advertising Association – Mi occupo di comunicazione da 25 anni e posso dire con certezza che questo è uno spot bello, delicato e che comunica un messaggio positivo di libertà. Oltretutto non vedo nemmeno un bacio o un atteggiamento che possa disturbare sensibilità particolari”.
“Sembra che i nostri politici, non tutti per carità non generalizziamo – interviene Andrea Crocioni direttore di TouchPoint, storica testata di riferimento nel mondo della pubblicità – abbiano trovato nuova linfa nel farsi pubblicità attraverso la pubblicità stessa. Cosa che evidentemente funziona visto l’attivismo di alcuni nell’accaparrarsi i riflettori mediatici anche su questo versante. Vero che in Italia siamo tutti ‘allenatori della nazionale’ però credo – continua l’esperto di pubblicità – che sarebbe meglio se i politici facessero i politici concentrandosi semmai sui problemi reali della gente, lasciando ai pubblicitari fare i pubblicitari”.
(di Ilaria Floris)
(Adnkronos)