Uno psicodramma dell’assurdo in più atti che sta facendo emergere tutta la volontà del centrosinistra di ottenere incarichi e posti di vertice perfino quando non è al governo. È il quadro «clinico» degli effetti provocati dalla vicenda che ha portato Luca De Fusco a essere nominato appena due giorni fa direttore generale della fondazione Teatro di Roma. Una scelta, legittimata dalla maggioranza (tre membri su cinque) del consiglio di amministrazione, che per reazione ha fatto ergere una serie di barricate metaforiche al mondo progressista. In cui l’unica «kultura» legittima – è la propria. La polemica è stata ancora unavolta rintuzzata dal sindaco capitolino Roberto Gualtieri: «Sono sconcertato: un atto di arroganza. Una prepotenza politica che conferma il loro deficit istituzionale. Per governare una fondazione come quella di Roma, che gestisce tre teatri, l’Argentina, l’India, villa Torlonia, e a cui si aggiungerà il Valle, serve un manager teatrale e non un regista come De Fusco». Ma non è finita qui dato che il primo cittadino su X scrive: «Il blitz è illegittimo. Al Teatro di Roma serve un rilancio e non l’occupazione dei partiti. Ci batteremo per ripristinare la legalità e difendere le prerogative di Roma Capitale».
All’indomani della sua conferenza stampa, fatta insieme al consigliere Natalia Di Iorio, anche il presidente della fondazione teatrale Francesco Siciliano annuncia il ricorso alle vie legali. «A proposito della contrattualizzazione di De Fusco mi è stato riferito che il cda, con un atteggiamento senza precedenti, avrebbe deciso di assegnare il potere di sottoscrivere il contratto (con il neo dg, ndr) ad un componente del consiglio diverso dal sottoscritto. Ho invitato tutti i consiglieri e i sindaci ad intervenire e a desistere dal proposito sopra descritto, altrimenti saranno valutate tutte le azioni conseguenti». Dopo la minaccia del ricorso alle carte bollate, il presidente voluto dal Campidoglio ha polemizzato sul salario di De Fusco: «Quel che è ancora più grave è che sembrerebbe si stia ipotizzando un contratto di cinque anni con 150.000 euro di compenso (oltre ai bonus per le regie). Una simile scelta implicherebbe una decisione oggettivamente esorbitante rispetto ad una normale progettualità triennale di qualunque teatro e, per di più, risulterebbe sproporzionata rispetto a qualunque limite di ragionevolezza. De Fusco è un regista e non un manager che proviene da un Teatro, quello di Catania, assolutamente comparabile al Teatro di Roma in termini di volume d’affari e dal quale percepisce circa 68.000 euro di compenso. La quasi triplicazione del compenso rispetto al valore di riferimento di De Fusco (da questi accettato per il suo precedente incarico)-ha chiosato Siciliano – resta dunque priva di qualunque giustificazione». Eppure sul piano legale, come già ricostruito dal Tempo, non esisterebbe alcun pericolo. «La seduta dello scorso 15 gennaio è come se non si fosse mai interrotta, di fatti è proseguita 48 ore fa. Inutile perdersi in chiacchiere, tutto lecito ai sensi dell’articolo 12 dello statuto che – ha raccontato l’avvocato e membro del cda della fondazione Teatro di Roma Danilo Del Gaizo – disciplina tra le altre cose la nomina del dg».
I cosiddetti progressisti non si sono limitati solo alle accuse. Sit-in pomeridiano di fronte il Teatro Argentina e lettera aperta come concreti gesti di dissenso verso la scelta di De Fusco. Nella missiva, firmata da numerosi volti noti vicini al panorama dem (tra cui il regista Matteo Garrone, gli attori Elio Germano e Lino Mila euro Lo stipendio di Luca De Fusco come direttore della fondazione del Teatro di Roma (LaPresse) Guanciale), si legge: «Ci sembra che, al di là di ogni valutazione circa la regolarità di quanto accaduto (…) la questione cruciale è che sia stata presa una decisione di questa importanza senza che fosse presente la rappresentanza della città di Roma nelle figure del presidente (Siciliano, ndr) e della consigliera Di Iorio, rappresentanti del Comune di Roma (…)». Al lungo elenco di accuse provenienti da sinistra occorre aggiungere quelle del segretario del Pd Elly Schlein: «La destra al governo, nazionale e regionale che sia, ha sempre e solo la stessa ossessione: occupare poltrone, promuovere gli amici, controllare attraverso i propri uomini le articolazioni del Paese». Critica per nulla velata che è stata respinta al mittente dal presidente della commissione Cultura della Camera, e grande «accusato», Federico Mollicone (FdI): «La nomina di De Fusco è regolare e votata dai rappresentanti del ministero della Cultura e della Regione Lazio, sotto la vigilanza degli organi di controllo».