di Marisol Imbastari – Sonia Morgante – Dalila Frezzini redazione di YAWP giornale di istituto
Durante la giornata del 24 novembre, il Liceo Scientifico Marco Vitruvio Pollione ha accolto Massimo Papa, docente del Diritto Musulmano e dei Paesi Islamici presso l’Università Tor Vergata di Roma. Tale conferenza è stata resa possibile grazie alla dirigente scolastica Nicolina Tania Ulisse, al fine di sensibilizzare gli studenti in occasione della giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Moderatori dell’evento, il prof. Arnaldo Mariani e la prof.ssa Manuela Mei.
Il prof. Papa ha posto l’accento sul fatto che dietro al femminicidio e alla violenza di genere ci sia un concetto il concetto di una presunta superiorità dell’uomo nei confronti della donna, l’infausta idea del possesso di cui l’aggettivo possessivo “mia” è triste rappresentazione. Basti pensare all’assassino di Giulia -volutamente ne omettiamo il nome- che ha dichiarato: «Ho ucciso la mia ragazza».
Purtroppo le statistiche mostrano quanto questa mentalità si traduca in azione: infatti, ad oggi, sono 106 i casi di femminicidio in Italia. Il dato preoccupante è che il 63% delle donne uccise dal proprio partner non aveva mai denunciato prima gli abusi subiti e questo la dice lunga su come la mentalità aberrante che è dietro la violenza di genere sia radicata anche, purtroppo, tra le donne. Per questo, uno dei messaggi più importanti, è quello di non avere paura di raccontare e rivelare le violenze sia fisiche che psicologiche; questo aspetto viene trattato anche nel mondo della musica, come hanno dimostrato due studentesse durante il dibattito, suonando la canzone “Coraline” dei Maneskin, un inno che in pochi minuti riesce a descrivere la condizione di una giovane in cui purtroppo molte si immedesimano.
Ma cosa porta un uomo ad uccidere piuttosto che voltare pagina? In questi casi la capacità che manca all’uomo è il saper accettare il rifiuto poiché ciò lo farebbe sentire debole e consapevole del proprio fallimento. In sostanza, l’uomo di tal fatta considera il rifiuto, la fine di una relazione, come un delitto di lesa maestà.
Noi continueremo a parlare delle “cose dell’amore” come unico antidoto alla violenza, sperando di contribuire a cambiare questa mentalità che, ad oggi, sembra non lasciare molta speranza.