Il gruppo di Biologia strutturale, Biochimica e Biologia Molecolare del Dipartimento di Medicina Clinica, Sanità pubblica, Scienze della vita e dell’ambiente dell’Università degli Studi dell’Aquila del quale fanno parte i Proff. Francesco Angelucci, Rodolfo Ippoliti e Matteo Ardini, e le dottoresse Francesca Fata e Federica Gabriele, è stato uno dei promotori principali di uno studio recentemente pubblicato dalla prestigiosa rivista “Nature Communications”. Lo studio descrive un nuovo approccio alla cura della schistosomiasi, una parassitosi del terzo mondo.
La schistosomiasi rimane una malattia devastante e trascurata, con più di 200 milioni di persone infette, che causa annualmente 200.000 morti, oltre a malattie croniche e disabilità. Circa 40 milioni di ragazze e donne sono colpite dalla schistosomiasi genitale femminile, strettamente correlata all’insorgenza del cancro alla cervice e ad infertilità. Si noti che a causa dei cambiamenti climatici, problematica particolarmente attuale, la malattia si sta diffondendo in Cina ed in Europa. Ad oggi, un solo un farmaco è disponibile contro la schistosomiasi, il praziquantel, somministrato a 90 milioni di persone solo nel 2018, senza alternative terapeutiche di seconda linea per infezioni refrattarie, resistenti o successive.
Lo studio qui menzionato, condotto in collaborazione con ricercatori dell’Università di Illinois e del RUSH University Medical Center di Chicago dal titolo “Non-covalent inhibitors of thioredoxin glutathione reductase with schistosomicidal activity in vivo” è stato sovvenzionato dal National Institute of Allergy and Infectious Diseases (NIAID) dei National Institutes of Health (NIH, US) ed identifica per la prima volta una nuova classe di inibitori della tioredossina glutatione reduttasi, un enzima vitale per lo schistosoma, il patogeno responsabile della schistosomiasi. L’identificazione di inibitori della tioredossina glutatione reduttasi apre nuove strade per il controllo della malattia e la lotta contro il parassita, contribuendo alla ricerca di terapie più efficaci e mirate. Inoltre, l’identificazione dei suddetti inibitori aprirebbe ad applicazioni ad ampio spettro in quanto altre malattie parassitarie strettamente connesse alla schistosomiasi e di notevole importanza anche in ambito veterinario, come la teniasi e la echinococcosi, potrebbero essere curate con le stesse molecole sviluppate per la schistosomiasi, in quanto questi parassiti condividono con lo schistosoma lo stesso enzima bersagliato in questo studio.