E’ questo un periodo molto particolare per il nostro territorio, per tutti i cittadini ma soprattutto per gli operatori agricoli. Purtroppo siamo stati colpiti da una grossa siccità che sta stravolgendo addirittura le nostre abitudini, sono due anni che soffriamo una forte carenza di precipitazioni e le aspettative per il futuro non sono affatto buone. Non possiamo più restare immobili di fronte a tutto questo e chi amministra deve necessariamente farsi carico di soluzioni che potrebbero porre rimedio a questa drammatica situazione. Il tema principale è la tenuta agroalimentare del nostro Paese, attraverso soluzioni pratiche e lungimiranti, ovvero raccogliere e conservare acqua.
A tal proposito voglio richiamare l’importante Convegno organizzato da Coldiretti Abruzzo e ANBI ad Avezzano al Castello Orsini lo scorso 13 marzo, nel quale si è approfondito il tema dei piccoli invasi” che da almeno 5 anni Coldiretti e ANBI propongono, anche approvato in maniera importante dall’Assessore all’Ambente ed all’Agricoltura Emanuele Imprudente, che porta avanti questo discorso già da diversi mesi.
Piccoli invasi realizzati in terra con gli argini ottenuti dalla stessa terra dello scavo, senza cemento, in grado di raccogliere l’acqua che normalmente verrebbe dispersa. Tutto questo produrrebbe una serie di risposte alle esigenze multifunzionali non solo per l’agricoltura, ma per l’intera collettività, prevedendo altresì di collocare su una quota (non su tutto) di questi specchi d’acqua, i pannelli fotovoltaici in grado, quindi di produrre energia, oppure collegare gli invasi, che potrebbero trovarsi su piani differenti e produrre, anche in questo caso energia. ln entrambe le circostanze si potrebbe arrivare ad aumentare la sostenibilità degli stessi Consorzi di Bonifica ed arrivare a ridurre, per gli stessi i costi e, di conseguenza, i contributi che le imprese agricole sono tenute a pagare allo stesso Consorzio di Bonifica, aumentando, la loro competitività. Pensiamo, nel caso del Fucino, ai vantaggi che deriverebbero per la ricarica delle stesse falde (funzione ambientale non di poco conto) e, di conseguenza, si pensi anche alle implicazioni che deriverebbero in termini di incremento delle occasioni di turismo da proporre alla collettività. Questi piccoli laghetti si svilupperebbero lungo la nostra Valle del Giovenco, nel territorio che va da Bisegna, Ortona dei Marsi, Pescina. Il loro uso irriguo avrebbe delle ripercussioni sull’economia del territorio, garantirebbe la capacità di irrigare e di produrre cibo, con tutto l’indotto che ne deriverebbe in termini occupazionali. Tra l’altro oltre ad essere previsti nel Piano Regolatore Territoriale, erano stati predisposti addirittura delle proposte Progettuali al fine di realizzare il tutto, presenti molto probabilmente negli uffici della ex Comunità Montana.
Parlando a livello nazionale, verranno da qui al 2030, realizzati 10.000 invasi sul territorio, diventa quindi fondamentale trovare soluzioni concrete per un Paese che ha deciso che la sovranità alimentare è un obiettivo specifico proprio di questa nazione. Di conseguenza, lo è anche per il territorio fucense, bisogna quindi sperare che quanto prima un progetto di piccoli laghetti, utili anche per il Fucino, sia pronto e cantierabile. Viviamo ormai un’emergenza assoluta di carenza idrica che attanaglia il nostro Paese. Le aree agricole irrigue sono state fortemente colpite e vivono una situazione di estrema difficoltà. Gli stessi fiumi hanno ridotto enormemente la loro portata ed il nostro Giovenco ne è un esempio eloquente. Il Governo sta proponendo un piano nazionale degli invasi, perché è convinto che si debba cominciare a investire sulle infrastrutture che possono permettere di contenere l’acqua. Il «Piano Laghetti» presentato da Anbi punta a realizzare subito 223 nuovi invasi con un costo stimato di 3,2 miliardi di euro («va ricordato — ha aggiunto il dg Anbi — che la Coldiretti solo per il 2022 ha stimato danni da siccità per 6 miliardi di euro») e la creazione di 16mila posti di lavoro. Un piano che non prevede la posa di cemento, ma che punta in gran parte sul riutilizzo di cave abbandonate. Il Comune di Ortona dei Marsi avrebbe la possibilità di poter utilizzare anche la cava abbandonata. Aree che, spesso, una volta dismesse diventano discariche a cielo aperto e, nella migliore delle ipotesi, teatro di rave party. Il piano del Governo non prevede la costruzione di dighe, non ne parla mai, ma punta oltre che sulle cave abbandonate sulle “casse di espansione”, ovvero di aree di allagamento ai margini dei fiumi, che con la piena vengono sommerse, ma che con piccoli interventi possono conservare l’acqua e trasformarsi in oasi naturalistiche con riserve idriche cui attingere in caso di necessità.
Tornando a noi, servirebbe ovviamente un intervento importante da parte del Governo perché i Consorzi di Bonifica, le Associazioni Sindacali ed i Comuni interessati, in questo caso di Ortona dei Marsi, non avrebbero la possibilità, né politica, né economica di poter intervenire. Potrebbero invece essere il tramite, magari attraverso la messa a disposizione di risorse e quindi di un gruppo di lavoro che vada di pari passo con lo stesso Ministero, in modo da essere più concreti e veloci possibili per raggiungere l’obiettivo. Si parla tanto di ripopolazione delle aree interne ma poi nulla di concreto si propone, se non tavoli dove vedersi, per indicare alternative che poi non hanno seguito. La soluzione è facile, creare piccoli specchi d’acqua che oltre ad essere utili per l’agricoltura, porterebbero un ritorno molto molto importante, in termini turistici, di attività commerciali e anche di ripopolamento. Stiamo parlando di un grosso, lungimirante e bellissimo impegno di cui tutti dovremmo farci carico perchè la drammatica situazione che stiamo vivendo lo richiede. Il Comune di Odona dei Marsi c’è, ed è a completa disposizione, per portare avanti questo importante impegno al fianco del Governo che giustamente vuole e realizzerà in tempi brevi.
È quanto dichiara in una nota stampa il sindaco di Ortona dei Marsi Giuseppe Buccella