Clamorosa inattenzione del Tribunale di Avezzano in composizione Collegiale che, con sentenza del 14 luglio 2022, aveva condannato tre giovani di cittadinanza albanese per traffico di sostanza stupefacente del tipo cocaina ed hashish, di cui N. A. a nove (9) anni di reclusione e N. O. e G.A. a sei (6) anni e sei (6) mesi di reclusione, con le pene accessorie dell’espulsione dal territorio italiano e l’interdizione perpetua legale e dai pubblici uffici: la pena, tuttavia, è stata rideterminata dalla Corte d’Appello di L’Aquila a tre (3) anni e sei (6) mesi di reclusione per tutti, con esclusione delle pene accessorie, compresa l’espulsione dal territorio italiano.
La vicenda trae le sue origini nell’anno 2019, quando, con operazione dei Carabinieri della Compagnia di Tagliacozzo, venivano monitorati, e dunque portati a giudizio, tre cittadini albanesi con l’accusa di cessione di sostanza stupefacente del tipo cocaina.
Le indagini frammentarie della Compagnia dei Carabinieri di Tagliacozzo, pedissequamente riportate nella sentenza del Tribunale di Avezzano, facevano riferimento ad una “rete di spaccio ben organizzata” ai limiti del vincolo associativo, portando dunque alla condanna dei tre uomini alla pena di nove (9) anni di reclusione per uno di loro ed alla condanna di sei (6) anni e sei (6) mesi di reclusione per gli altri e due.
Tuttavia, i Carabinieri di Tagliacozzo, nonostante l’impegno profuso, hanno dimostrato di aver avuto delle criticità sull’identificazione dei soggetti realmente coinvolti e sulle cessioni effettivamente avvenute, cessioni parzialmente smentite in dibattimento dagli stessi acquirenti escussi nel corso dell’istruttoria: per di più, i Carabinieri della Compagnia di Tagliacozzo nel corso delle indagini hanno asserito di aver “visto” uno degli appellanti cedere sostanza stupefacente nel periodo in cui, alla luce del vero, l’imputato non si trovava su territorio nazionale, ma, come cristallizzato dal suo passaporto, lo stesso si trovava in Albania per una parte del periodo in contestazione.
Tali contraddizioni hanno indotto la Corte di Appello di L’Aquila Presidente De Aloysio, Gargarella e Gammarota (relatrice), a rivalutare l’intera vicenda, sino a giungere alla riqualificazione del reato secondo la formulazione dell’ipotesi attenuata del V comma dell’art. 73 del d.P.R. 309/90 (legge stupefacenti) che prevede la “lieve entità” del reato, e dunque una forte riduzione della pena, quando per i mezzi, le modalità e le circostanze dell’azione del reato, il fatto non risulta allarmante a livello sociale, rideterminando così la pena per tutti e tre gli imputati ad anni tre (3) e mesi sei (6) di reclusione, annullando altresì l’irrogata pena accessoria dell’interdizione legale, e trasformando da perpetua a temporanea l’irrogata interdizione dai pubblici uffici.
La difesa degli imputati è stata rappresentata dagli Avvocati Roberto Verdecchia e Alessandra Di Renzo del foro di Avezzano.