di Leonardo Alfatti Appetiti
Il ministro della cultura, Gennaro Sangiuliano ha scelto la commemorazione del cinquantennale dalla morte di Ennio Flaiano, tenutasi il 18 novembre nella sala consiliare del Comune di Pescara, per la sua prima visita ufficiale in Abruzzo. Nel 1972, Ennio Flaiano, pochi mesi prima della sua improvvisa scomparsa avvenuta il 20 novembre del 1972 a causa di un infarto, in una intervista rilasciata a Il dramma per una immaginaria enciclopedia «del 2050» si definì con la sua proverbiale autoironia così: «Scrittore minore satirico nell’Italia del Benessere». In realtà Flaiano è stato molto di più: uno scrittore raffinato e corrosivo, versatile e spudoratamente controcorrente che scriveva «per non essere incluso». Attento quanto impietoso osservatore del costume italiano, rimane ancora oggi, a cinquant’anni dalla morte, un grande incompreso, troppo spesso riduttivamente ritenuto uno scrittore umorista e satirico e, come tale, considerato trascurabile e di poca importanza nel panorama delle lettere. Niente di più fuorviante.
Flaiano è stato senz’altro uno dei protagonisti più influenti del Novecento culturale italiano, avendo contagiato con il suo stile e la sua creatività, oltre che la letteratura (il suo primo e unico romanzo, Tempo di uccidere, vinse il premio Strega), il giornalismo, il cinema, il teatro e persino la televisione. Il corteggiamento del cinema, in particolare, si dimostrerà una sirena troppo seducente. Romano d’adozione, città dove si era trasferito appena dodicenne, rimase fieramente abruzzese. Flaiano è sempre rimasto legato alla sua terra d’origine, anche se la sua Pescara era una città diversa dall’attuale. Era un paese «di cinquemila abitanti», quello in cui nacque il 5 marzo di un «1910 così lontano e pulito che mi sembra un altro mondo», come ricorda lo scrittore. «Al mare si andava con il tram a cavalli e le sere d’estate si passeggiava, incredibile, per quelle strade dove sono nato, il corso Manthoné, ora diventato un vicolo e allora persino elegante».
Grande importanza ha il contributo che Flaiano ha dato al mondo del cinema, in particolare collaborando con Federico Fellini. La stessa storia de I vitelloni (film del 1953) è stata pensata e ambientata non soltanto a Rimini, come si pensa comunemente, ma nella stessa Pescara; il personaggio di Monaldo, il giovane irrequieto che vuole andar via dalla provincia, sia lo stesso Flaiano che parla di se stesso. Flaiano è ancora oggi estremamente attuale e siamo certi che, se fosse vissuto per altri cent’anni ancora, non si sarebbe stancato di denunciare i vizi e le contraddizioni dell’italiano «qualsiasi», sempre uguale a se stesso.