L’Abruzzo, terra di pastori e transumanza, da sempre è altresì terra depositaria di una importante tradizione: quella della poesia orale.
La cronaca in rima esiste da tempi remoti come esigenza di tramandamento ma anche di cristallizzazione degli eventi e dell’epos proprio del popolo abruzzese. Uno degli esempi più fulgidi consiste nelle Cronache aquilane di Buccio da Ranallo: addirittura, si racconta che “i sonetti intercalativi furono stralciati dal resto e circolarono in raccolte a parte” (leggasi “Cronaca aquilana rimata di Buccio di Ranallo di Popplito di Aquila” a cura di Vincenzo De Bartholomaeis).
L’oralità alberga insita invece nel mondo pastorale, un mondo duro, solitario, a volte inumano che ha però sempre affascinato i poeti: ricordiamo la suggestione struggente de “I pastori” dannunziani che dagli stazzi scendevano verso l’Adriatico, nel rinnovarsi ciclico del peculiare fenomeno della transumanza.
La storia si compie passo dopo passo, tra un tratturo e l’altro e il canto prende forma e la forma è spesso di tipo monodico (a una sola voce o linea melodica) o amebeo (canto greco pastorale, eseguito da due personaggi che si rispondono a vicenda). La tradizione pastorale, che si tende a far risalire al pastore-cantore siculo Stesicoro, è naturale nel suo sviluppo come naturale è l’afflato dell’uomo verso la poesia, come risposta al bisogno trascendenza.
Poesia orale, il canto a braccio e l’ottava rima
Il canto a braccio diviene dunque un momento topico della società pastorale e contadina: esso funge da compensazione e quasi da nutrimento tra gli stenti e i sacrifici di una vita impervia come le montagne tra le quali essa viene vissuta. I pastori abruzzesi, spesso autodidatti, coltivano l’arte dell’improvvisazione poetica, appassionati e immersi nella lettura di poemi epici e cavallereschi (Iliade, Odissea, Eneide, l’Orlando furioso, l’Orlando innamorato, la Gerusalemme liberata, il ciclo dei paladini di Francia, e la Pastoral Siringa). Queste letture saranno la chiave di svolta che li consacrerà alle tenzoni poetiche, poiché palestra dell’imponente apprendimento mnemonico a base del loro ritmo innato e della loro musicalità.
Nella provincia aquilana resiste strenuo l’uso delle quartine e delle terzine improvvisate ma soprattutto dell’ottava rima, la tecnica più usata e forse più complessa, con una strofa composta da otto endecasillabi rimati, che seguono lo schema ABABABCC; quindi, i primi sei endecasillabi sono a rima alternata, e gli ultimi due a rima baciata ma diversa da quelle dei versi precedenti, e uguale a quella del primo verso dell’ottava successiva.
Scopo del poeta, era chiudere l’ultimo verso con una rima ardua e ricercata: chi seguiva, oltre a rispettare il tema, doveva iniziare con un verso che aveva la stessa rima, appunto per “incatenare” l’ottava.
Le tenzoni oscillavano così tra il tema satirico e quello serio, passando per contenuti di attualità e bucolici e spesso si rimeggiava “a contrasto”, contrapponendo coppie come suocera-nuora, prete-contadino, pastore-maestro, al fine di orchestrare duelli poetici di maggior ilarità e più pungenti. Ad oggi, nell’Alta Valle del Velino i poeti a braccio sono parte essenziale della cultura popolare: non è insolito, infatti, assistere a improvvisate esibizioni di cantori accompagnati dall’organetto tra le vie dei paesi.
Tra i nomi di poeti che ancora oggi si esibiscono a braccio indubbiamente sono da menzionare Berardino Perilli di Campotosto e Marcello Patrizi di Montereale, e molti altri ce ne sarebbero…
L’oralità affascina, come si evince dai movimenti abruzzesi
L’oralità affascina, poiché ci riporta ancestralmente all’Arcadia, mitica e storica regione dell’antica Grecia, a una dimensione in cui il registro comunicativo primo e primario è quello orale.
Degna di nota come realtà è la “Settembrata abruzzese”, una realtà associativa, vero e proprio riferimento culturale della tradizione popolare dell’Abruzzo in 60 anni di attività: nata infatti nel 1952 è un’associazione tra le più longeve di Pescara.
Nel 2016 si assiste alla nascita di un movimento spontaneo nel territorio aquilano denominato La Compagnia dei Poeti dell’Aquila che per anni organizza recital strutturati, spesso a tema e in costume, arrivando a varcare i confini comunali e partecipando anche alla prestigiosa rassegna de La Settimana marsicana. Uno dei suoi componenti è decisamente rilevante, più per l’afflato all’oralità che per l’appartenenza all’ottava rima: il menestrello Filippo Crudele di Marana di Montereale, il quale unisce l’espressione ontologica dialettale a un atteggiamento quasi mistico nei confronti della montagna.
Scoppia il fenomeno poetry slam
Nel frattempo scoppia anche in terra forte e gentile il fenomeno a stelle e strisce del poetry slam, portato al successo negli USA da Mark Kelly Smith, operaio e poeta che organizza nel 1986 una serie di incontri in cui si leggono testi a voce alta. Smith, riprendendo peraltro dei tópoi dell’antica Grecia, conferisce a queste letture il carattere di sfida dell’agone poetico e coinvolge il pubblico. Una formula vincente, il cui potenziale fu ben intuito da Dimitri Ruggeri, poeta e autore nato ad Avezzano.
«In generale la questione dell’oralità è una questione che si perde nel tempo. L’uomo, dotato di parola, non può far altro che parlare. È naturale, fin troppo naturale. La poesia allo stesso modo, emanata direttamente dalla bocca investe direttamente l’udito, senza barriere, ponti e scale. È un corpo che si mette a nudo, un corpo vero che non si nasconde. Oggi, a mio avviso, dopo gli atolli mediali come libri e video si sta tornando indietro forse come forma di felice discendenza. I giovani tornano nei campi e nei borghi per lavorare o vivere, i poeti allo stesso modo si riappropriano della parola come forma necessaria e non ideologica per tornare a fare ciò che è più naturale: parlare in un bar, in una piazza o per strada magari declamando una poesia. Non si può “non parlare”.» commenta Ruggeri ai microfoni di MarsicaWeb.
Il poeta ha importato lo slam per la prima volta in Abruzzo nel lontano 2010: lo fece in un borgo marsicano distrutto dal tempo. Il suo era all’epoca un preciso atto politico di mettere in scena con l’arte il fallimento della città.
Poetry Slam Abruzzo
«Altri hanno alimentato con me, a partire dal 2014, questa fiamma: Alessandro Scanu, Artenca Shehu e Bruno Nasuti. Ma com’è giusto che sia non sono tardati a arrivare nuovi innesti sin da subito. Mi sento di citare per generosità, impegno e condivisione dei valori dello slam, Andrea Pompa che negli anni ha creato un interessante movimento soprattutto nell’Università D’Annunzio Chieti-Pescara e Alessandra Prospero che all’Aquila, ha saputo creare un movimento nelle principali scuole dell’aquilano con il primo torneo under 18 nelle scuole di secondo grado, per poi organizzare altri slam e iniziative legate a reading e spettacoli. Altrettanto importante è stato il contributo di Matteo di Genova che ha organizzato slam ed eventi in grado di coinvolgere i performer più richiesti in Italia con lo scopo di condividere nel territorio le loro particolarità.»
L’attuale coordinatore del Poetry Slam Abruzzo, il già citato Andrea Pompa, ci fornisce ulteriori dati sul fenomeno: «L’oralità Abruzzese vive un momento molto felice grazie all’organizzazione di eventi ed iniziative guidate dal collettivo PoetrySlamAbruzzo che hanno visto la partecipazione di poetesse e poeti locali nell’arco degli ultimi 8. I Poetry Slam, in particolare, nella realtà abruzzese hanno raggiunto un notevole successo sia dal punto di vista dei numeri dei e delle partecipanti, sia dal punto di vista dell’eterogeneità delle loro provenienze geografiche e delle loro varietà stilistiche. Eterogeneità garantita dalla capillarità che il movimento è riuscito a raggiungere grazie all’ingresso di nuovi e nuove componenti nel collettivo abruzzese. Io, in particolar modo, ho sviluppato la valorizzazione dell’oralità negli ambienti universitari a partire dal 2015 sia in circostanze istituzionali che informali. Ho trovato estremamente prolifico questo sistema di trasmissione in un ambiente fervente come quello dell’Università. Il format del Poetry Slam, che non trascura la parte “gioco” del fare poesia, ha scosso molto spesso l’anima di studentesse e studenti mostrando loro un mezzo d’espressione libero, accessibile ed inclusivo e ha fatto da apripista poi per l’organizzazione di open mic, veri e propri sedi di trasmissione orale.»
Oralità come senso identitario
Quindi oralità anche come senso identitario, come mezzo per “fare comunità”, a partire dalle collettività più giovani. Uno strumento fondamentale, soprattutto in un periodo storico forse – con buona pace di Zygmunt Bauman – troppo liquido, talmente liquido da apparire spaventoso con una potenziale terza guerra mondiale che incombe e che viene prodromicamente combattuta da mesi. Poesia e memoria ci aiutano ad andare oltre, a trascendere i nostri limiti e a lasciare un segno del nostro terreno passaggio, con la potenza del Verbo parlato – che ha corpo rispetto al Verbo scritto. Nella grecia arcaica la memoria collettiva e la sua trasmissione erano delegate appunto alla dizione orale, alla conservazione mnemonica e a coloro votati a questo compito/missione: aedi, rapsodi, mythopoioi, logopoioi. L’oralità attuale può quindi a ben vedere conservare e fare lo stesso spirito identitario, in una analogia, neanche troppo forzata, tra gli aedi di un tempo e gli slammers di oggi, tra la regione mitologica dell’Arcadia e quella parimenti popolata di pastori e poesia, l’Abruzzo.