Il finanziamento della politica agricola comune è stato tradizionalmente garantito da un unico fondo, il Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia (FEAOG), che l’1 gennaio 2007 è stato sostituito dal Fondo europeo agricolo di Garanzia (FEAGA) e dal Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEARS).
In linea di principio, per razionalizzare le norme sugli aiuti di Stato e tenuto conto delle analogie tra le imprese attive nei settori agricolo e forestale e nelle zone rurali e le altre imprese, alla produzione e al commercio di prodotti agricoli vengono applicati gli strumenti generali in materia di aiuti di Stato, che stabiliscono i criteri di compatibilità dell’aiuto, fatte salve le deroghe specificamente previste dalla normativa comunitaria.
In particolare, le norme sugli aiuti di Stato non si applicano né al cofinanziamento delle misure di sviluppo rurale (parte FEASR e parte nazionale), né ai finanziamenti nazionali integrativi che si aggiungono a tali misure, purché la misura in questione sia collegata a un’attività agricola che rientri nel campo di applicazione dell’art. 42 del trattato e faccia parte del programma di sviluppo rurale. Anche le imprese in difficoltà sono escluse dal campo di applicazione della normativa europea in materia di aiuti di Stato. E tanto perché si ritiene che, se un’impresa si trova in difficoltà finanziarie, considerato che la sua stessa sopravvivenza è a rischio, essa non può essere considerata uno strumento idoneo per promuovere gli obiettivi di altre politiche pubbliche, fintanto che non ne venga ripristinata la redditività.
Per quanto concerne il periodo 2021-2027, nel dicembre 2020 è stato approvato il regolamento sul nuovo quadro finanziario pluriennale [regolamento (UE, Euratom) 2020/2093] nonché l’accordo interistituzionale in materia di bilancio, grazie ai quali 378. 532,3 milioni di euro sono stati messi a disposizione dei beneficiari della PAC a partire dall’1 gennaio 2021. Le misure di sviluppo rurale della PAC beneficeranno, altresì, delle risorse aggiuntive del programma Next Generation EU (NGEU), approvato per finanziare la ripresa economica e sociale a seguito della crisi pandemica (8.070,5 milioni di euro). L’importo totale degli impegni della PAC per il periodo 2021-2027 è, dunque, fissato a 386.602,8 milioni di euro.
L’inserimento della nuova Pac nel rinnovato quadro delle priorità dell’Unione ben evidenzia la necessità, per il sistema agroalimentare, di transitare verso modelli produttivi più sostenibili, che, in coerenza con i documenti strategici sul Green Deal e From Farm to Fork, contribuiscano alla lotta al cambiamento climatico e alla riduzione degli impatti delle attività produttive sull’ambiente. Le risorse messe a disposizione del settore primario nell’ambito del PNRR consentono di incrementare la dotazione della programmazione 2021-2027 con circa 5 miliardi di euro di finanziamento pubblico.
A queste risorse si aggiungano poi le allocazioni destinate ad altri interventi del PNRR di diretto interesse per il mondo agricolo e le aree rurali (ad esempio biometano o riqualificazione dei borghi), nonché le risorse che verrebbero liberate nell’ambito della programmazione dello sviluppo rurale, come gli interventi per il sistema irriguo (che oggi incidono sul Piano nazionale di sviluppo rurale 2014-2020) o gli interventi per la banda larga (previsti nei singoli PSR).
L’Europa chiede riforme che si pongano obiettivi ambientali misurabili e qualitativamente apprezzabili: destinazione del 40% delle risorse all’economia dell’ambiente, verifica del minimo danno ambientale di ogni azione, rafforzamento dell’agricoltura del Sud in direzione ecologica, sensibilizzazione dei cittadini per consumi virtuosi.
In questa prospettiva, c’è da dire che nel Pnrr mancano però obiettivi organici: si finanziano nuovi trattori che inquinino meno, motorizzazione a gas, strumenti di precisione, che sono misure sicuramente auspicabili, ma che, in assenza di un progetto organico in agricoltura, sono destinate a fallire.
Manca, altresì, una riflessione seria sul tema dell’acqua. L’agricoltura consuma il 70% delle riserve idriche del pianeta, ma è impossibile spingere le produzioni se il vettore di ogni filiera è insufficiente. I prelievi di acqua dolce sono triplicati negli ultimi 50 anni, e se ne prevede un aumento del 50% entro il 2050; i giacimenti sotterranei non sono rinnovabili in tempi
compatibili con le esigenze umane. In tale prospettiva sarà necessario garantire una programmazione integrata e sinergica tra gli interventi previsti nell’ambito del PNRR e quelli che verranno predisposti nell’ambito del Piano Strategico della PAC, ovvero nell’ambito dell’Accordo di Partenariato.
Questo è un aspetto particolarmente rilevante per garantire la coerenza della programmazione, rispetto alle raccomandazioni della Commissione e agli obiettivi strategici della PAC, ma anche la complementarità degli interventi.
Una sfida da affrontare dunque riguarda l’affinamento delle procedure di attuazione, per garantire che l’implementazione dei progetti di investimento possa procedere nel modo più celere possibile e in linea con i tempi strettissimi fissati dal Dispositivo (impegni di spesa entro il 31 dicembre 2023 e pagamenti entro la metà del 2026).
Il Presidente Walter Mauriello