La tragedia dell’11 settembre 2001, con il drammatico attacco alle Torri gemelle, ha cambiato percezioni, sicurezze e, per lunghi anni, anche il corso della storia. Ha dimostrato anche platealmente quanto sia impattante il potere delle immagini. A distanza di anni, tutti ricordano cosa stessero facendo quando hanno visto il primo servizio televisivo con gli aerei che si schiantavano sugli enormi grattacieli, simbolo della forza e del dinamismo del capitalismo USA.
Ciò dipende certamente dalla brutalità di ciò che si vedeva in tv ma anche dal fatto che in quei fotogrammi c’era molto di più di quello che abbiamo percepito a primo impatto.
Il meccanismo alla base di questo fortissimo condizionamento lo spiega bene il linguista Lakoff in uno dei saggi più brillanti sulla comunicazione politica, dal titolo “Non pensare all’elefante”. In gioco ci sono sempre i citatissimi neuroni specchio che interagiscono con il nostro sistema di pensieri metaforici e trasformano gli orrori percepiti esternamente in orrori che avvertiamo in forma di metafora.
Senza rendercene conto le immagini di morte di quel giorno, già crude, si sommavano a contenuti simbolici capaci di agire in modo diretto e silenzioso. La torre, simbolo del potere, che collassa e rende esplicita la perdita dello stesso; lo sbriciolarsi del tempio del capitalismo che ha simboleggiato per molti la deflagrazione di una società e messo in dubbio la sua presunta invincibilità; un inferno di fiamme che, da sole, richiamavano e rappresentavano altre fortissime paure ancestrali.
Contenuti non immediatamente percepibili ma che arrivano, agiscono e hanno azzerato certezze costruite in decenni.
Non a caso, gli strateghi della comunicazione americana, dopo alcuni tentativi fallimentari nelle prime dichiarazioni, hanno dovuto elaborare cornici interpretative efficaci e metafore spendibili per inquadrare il nemico e dare una spiegazione capace di ridurre l’angoscia e la paura. L’asse del male è un’espressione che nasce da questa esigenza anche per legittimare una risposta militare che non poteva essere troppo tardiva.
Perché l’uomo è un animale simbolico e prima ancora delle spiegazioni raffinate e delle ricostruzioni geo politiche percepisce contenuti molto più diretti, capaci di restare impressi anche dopo decenni.