L’AQUILA – In una nota alla stampa, il consigliere regionale Pierpaolo Pietrucci mostra la lettera inviata al Ministro della Giustizia Cartabia per richiedere il diritto al al risarcimento per ingiusta detenzione per Giulio Petrilli, accusato di essere uno dei capi di Prima Linea, organizzazione terroristica di estrema sinistra.
Illustre Ministra,
ci sono vicende che non hanno tempo e che meritano sempre la più profonda attenzione, anche a distanza di anni, e anche in momenti in cui – come adesso – rivolgersi al Governo potrebbe sembrare inopportuno o pretenzioso.
Ma la storia di Giulio Petrilli, della sua ingiusta detenzione e del sacrosanto diritto ad un risarcimento per il danno enorme subìto da innocente, meritano il doveroso impegno, mio e di tutti coloro che possono fare qualcosa.
Per rispetto di Giulio e per la consapevolezza di tutti, riepilogo brevemente la vicenda.
Nel 1980 Giulio Petrilli (allora ventenne) viene accusato dai magistrati di essere uno dei capi di Prima Linea, organizzazione terroristica di estrema sinistra. Con la pesantissima accusa di “banda armata” Giulio viene arrestato. L’imputazione gli costa sei anni di carcere, in un regime simile al 41 bis. Qualche tempo dopo, la tesi dell’accusa viene smontata. Nel 1986 la Corte d’Appello di Milano lo assolve e, tre anni dopo, anche la Cassazione conferma la sua innocenza.
Petrilli deve attendere molto tempo prima di poter chiedere i danni per ingiusta detenzione (poiché la norma non era considerata retroattiva) e infine la sua istanza di risarcimento viene rigettata dalla Corte d’Appello di Milano (giudizio confermato dalla Cassazione) perché le “cattive compagnie” che frequentava ai tempi avrebbero indotto l’accusa a ritenere che fosse giusto tenerlo in carcere. Insomma: quei semplici rapporti consentivano ai magistrati di pensare – pur senza prove – che anche Petrilli fosse colpevole.
Il vulnus sta in una norma primo comma dell’art. 314 del c.p.p. che rende ostativo il risarcimento per ingiusta detenzione per “dolo e colpa grave”. Una norma che allarga le maglie della discrezionalità del giudice e che si ritorce contro un innocente anche se un imputato – e non è questo il caso di Petrilli – si è avvalso, come pure è suo diritto, della facoltà di non rispondere.
La civiltà giuridica deve garantire che chi è assolto in via definitiva venga risarcito per il periodo ingiustamente trascorso in carcere. Sempre e senza altri paletti.
Petrilli, inoltre, dopo essere andato davanti al giudice italiano, ha fatto ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo che ha dichiarato la sua richiesta inammissibile.
A oltre quarant’anni dal giorno in cui è entrato in cella, Giulio non ha ricevuto un euro e non lo riceverà mai perché l’istanza può essere fatta una volta sola.
Ma resta l’ingiusta detenzione e il diritto al risarcimento per tutti coloro che vivono o vivranno la sua condizione: e questo rende ancora più giusta, necessaria e sacrosanta la sua battaglia di principio.
Per questo motivo, illustre Ministra, mi rivolgo a lei per chiederle di verificare alla Consulta la costituzionalità’ del primo comma dell’art. 314 del c.p.p.
Qualunque sarà il pronunciamento della Corte Costituzionale, si sarà raggiunto un punto di certezza a tutela dei diritti di persone innocenti ingiustamente detenute e in attesa di pronunciamento.
Le chiedo scusa per averla sollecitata in questo delicato e straordinario frangente della nostra politica nazionale. Ma conosco la sua sensibilità e confido che anche in questa fase lei farà tutti i passi che sono in suo potere.
La ringrazio dell’attenzione e le invio i miei più cordiali saluti.