AVEZZANO – Ieri, 21 luglio 2022, l’iniziativa “Il giardino letterario” ha visto protagonista Gino Bucci, meglio conosciuto come “L’abruzzese fuori sede”, per la presentazione del suo libro “Rime toscibili”.
“L’abruzzese fuori sede”, che ad oggi vanta più di 200.000 seguaci su Facebook, nasce nel 2014 con lo scopo di raccontare l’Abruzzo e gli abruzzesi attraverso gli occhi di un ragazzo che, come tanti, lascia la sua regione per studiare altrove. Descrive la nostra terra a modo suo e senza prendersi troppo sul serio, con storie di piatti della tradizione, scatolette di tonno, “fru fru” e gingerini. Nato e cresciuto a Martinsicuro, si è laureato con la triennale a Roma in “Lettere” e poi si è trasferito a Bologna per la magistrale di “Italianistica”. L’idea del libro nasce per passione: dopo anni in giro per l’Abruzzo e dopo aver conosciuto tante persone e storie differenti, era giusto dare vita a un qualcosa che non rimanesse esclusivamente sui social.
“Rime toscibili” parla in rima di paesini, famiglie, tradizioni e personaggi famosi. Il titolo ha ovviamente un significato: c’è una differenza tra “toscibile” e “intoscibile”. Gino spiega che è un termine inventato da lui, ha tentato anche di farlo accettare dall’Accademia della Crusca ma senza risultati. Molta gente però ha iniziato ad utilizzarlo e si sa che un vocabolo entra in un dizionario anche grazie all’uso popolare. “Toscibile” significa “discutibile”, le sue sono rime che non pretende siano considerate perfette.
Parla poi del suo “alter ego”: i più affezionati della pagina conoscono “Pericle Fazzini”, personaggio sarcastico a cui non importa di nulla. Pericle rappresenta alla perfezione il vero spirito della scrittura di Gino.
Rivela, poi, che la sezione del libro che preferisce è proprio quella sui paesi, essendo un appassionato di toponomastica. Il suo sogno, infatti, sarebbe creare una guida sulle frazioni d’Abruzzo. Tra quelle che maggiormente ricorda c’è “Inciampa la notte” frazione de L’Aquila, il cui nome deriva da vecchie storie: anticamente c’era una cantina in cui gli abitanti andavano ad ubriacarsi per poi cadere per le strade del paese. Oltre alle rime, nel libro ci sono quelli che lui definisce “intermezzi pantaficati”. Sono pezzi in prosa in cui racconta storie inerenti alla “pantafica”, un personaggio del folklore abruzzese. Si tratta di un essere notturno (vecchia strega o grande gatto) che di notte sale sulla pancia di chi ha mangiato troppo e non fa respirare. Per scacciarla ci sono vari metodi come una scopa di saggina dietro la porta o un sacchetto di legumi, è una figura a cui piace contare le setole o i legumi per poi scomparire all’alba. La “pantafica” è la metafora di ciò che lo caratterizza: restare sveglio di notte e la passione per il cibo.
Se c’è uno scopo che “L’ abruzzese fuori sede” vuole raggiungere con questo libro è quello di parlare di ciò che non tutti vedono, raccontare qualcosa a cui gli altri non danno spazio. Ci sono paesi, soprattutto quelli dell’interno regione, che sono rappresentati dalle persone comuni, le più semplici.
La sua forza sta nel raccontare quelle storie, che spesso non vengono messe in luce ma che rappresentano al massimo la cultura e la tradizione abruzzese.