Le politiche per i giovani sono state al centro della quattordicesima riunione del Tavolo permanente per il partenariato economico, sociale e territoriale, che si è tenuta lo scorso 26 maggio.
Nella priorità 2 «Mercato del lavoro», si rinviene il primo esplicito riferimento al Servizio civile universale quale strumento da incentivare. Il budget complessivo per la misura è di 650 milioni di euro, dei quali 400 milioni a titolo di progetti in essere, appostati presso il Fondo nazionale per il servizio civile, e 250 milioni a titolo di nuovi progetti PNRR.
Nel 2020 il tasso di occupazione dei giovani tra i 15 e i 29 anni è salito al 29,8%. Il divario tra i giovani evidenziato a livello territoriale si riflette anche nella componente di genere: se i ragazzi residenti al Nord risultano i più occupati (con il 42,2%), le ragazze della stessa fascia di età residenti nel Mezzogiorno non superano il 14,7% (valore in diminuzione rispetto al 2019 in cui era pari al 16,8%).
Si registra comunque una diffusa difficoltà di raggiungere presto adeguati livelli di indipendenza economica, e i dati della povertà assoluta indicano un peggioramento generalizzato negli ultimi dieci anni, condizione aggravata dalla pandemia. Evidente è la riduzione delle possibilità di molti nuclei familiari di investire nell’educazione dei propri figli; gravissimo, considerata la correlazione inversa tra livelli di istruzione e povertà.
Ora, con il Servizio civile universale si punta all’introduzione di azioni di sostegno delle prospettive occupazionali dei giovani, di riequilibrio territoriale e sviluppo del Mezzogiorno e delle aree interne e la riduzione del fenomeno dei Neet, di cui l’Italia ha il triste primato internazionale.
Atteso il desolante quadro, Meritocrazia Italia reputa essenziale procedere anche in altra direzione, con interventi immediati e decisi, volti a:
– condurre una lotta più serrata al lavoro sommerso, attesa la caducità di confine tra Neet e sfruttamento della manodopera giovanile;
– rivedere il sistema del reddito di cittadinanza, secondo il dettaglio tecnico già condiviso con i precedenti comunicati e per evitare che implementi il ‘lavoro irregolare’ o quanto percepito già da contributi di formazione professionale;
– prevedere contributi statali per l’inserimento lavorativo dei giovani, costruire percorsi formativi adeguati alla domanda del mercato del lavoro, e operare una mappatura digitale nazionale che incroci domanda e offerta;
– in vista di un più ampio ‘patto generazionale’, contemplare flussi di personale in uscita che accompagnino le nuove generazioni sul mercato del lavoro (formazione organizzata all’uopo già in azienda, attraverso programmi di training on the job, verificando, di volta in volta, le esigenze dei territori al fine di accompagnare e guidare il percorso di inserimento);
– rafforzare la collaborazione tra scuole e centri per l’impiego, aumentando la qualità e la retribuzione delle attività proposte ai giovani, favorendo così la ricerca di un ubi consistam per i giovani piuttosto che l’inanità del lavoro sommerso.
Utile sarebbe dare risalto al potenziamento dei percorsi formativi professionalizzanti, anche alternativi ai corsi universitari, realizzati secondo il modello organizzativo delle Fondazioni di partecipazione (ITS) in collaborazione con imprese, università/centri di ricerca scientifica e tecnologica, enti locali e sistema scolastico formativo. Gli ITS infatti, offrono numerosi corsi relativi a sei Aree Tecnologiche e specifici ambiti per la formazione, in armonia con le aspirazioni dei ragazzi e con le esigenze produttive nazionali e regionali (efficienza energetica, mobilità sostenibile, nuove tecnologie della vita, nuove tecnologie per il Made in Italy, tecnologie innovative per i beni e le attività culturali – turismo; tecnologie della informazione e della comunicazione).