Se un partito non è radicato nel territorio, se non parla con la sua gente, se si chiude in una torre d’avorio da dove il “Cesare” di turno dispensa i suoi ordini da L’Aquila o da Pescara, ebbene questo partito non fa molta strada.
Lo hanno dimostrano il Partito Democratico di Renzi e Forza Italia di Berlusconi. Individuabili come due facce-soggetti della stessa medaglia, al punto che il berlusconismo, di fatto conclusosi nel 2011 e poi con le elezioni del 2013, ha generato, quasi per partogenesi, un erede: il renzismo. E come tutti i termini che hanno desinenza in “ismo” assumono un suono poco orecchiabile.
Oggi la Marsica si ritrova a fare i conti con il console romano e il suo “Marsilismo”, con la mancanza di un progetto, di una leadership autorevole, di un contatto con la realtà della Marsica se non dell’Abruzzo intero.
A restare con il cerino in mano, dunque, sono stati i sindaci Marsicani, i 37 Comuni che, nolente o volente, da prima hanno sottovalutato il rinnovo della presidenza della provincia, non dando la possibilità ad un marsicano di poter salire sullo scranno dell’ente (che poteva essere il primo trampolino per ridare la centralità alla nostra terra) ed ora si ritrovano anche defraudati dell’acqua, quell’acqua che genera ed è essenziale per mantenere quel terzo del PIL abruzzese. Una vicenda ormai che va avanti da 3 generazioni di consiliatura Regionale.
Ora, il cambiamento è sempre più impellente. Ma, se è vero che le idee camminano sulle gambe, intorno, però, non si vede nessun uomo o donna in grado di muovere il primo passo. Lo si capisce partecipando ad incontri pubblici organizzati in Regione da questo o quell’insieme di elettori, cittadini o meglio ancora politici locali, che ancora decidono di parlare di politica nonostante il tracollo. Se poi si aggiunge la scelta dei candidati per la formazione delle liste per le politiche o le regionali con posti prenotati da amici del “cerchio magico”, slegati dalla realtà territoriale, il risultato delle urne ne è la conseguenza.
Ultime sono le due vicende che sanciscono definitivamente la distanza tra la Regione Abruzzo a guida Marsilio e la Marsica con i suoi “quasi” 37 sindaci, quasi perché a qualcuno ancora non è chiara la differenza tra politica e territorio, e resta sotto il diktat partitico del console pro tempore. E noi aggiungiamo finalmente uniti!
Ma esaminiamo nel dettaglio il caso Covalpa Abruzzo, divenuta nel tempo un punto di riferimento essenziale per l’agricoltura nella piana del Fucino, nella Marsica, in provincia dell’Aquila, e per tutto il settore primario abruzzese. Oltre mille ettari coltivati a ortaggi, verdure e patate, circa 500 soci produttori, 20 milioni di euro l’anno di fatturato, 212 dipendenti, per il 30% del pil agricolo dell’intera regione. Questi sono i numeri, davvero notevoli, del Covalpa.
La questione, come abbiamo detto in premessa parte da molto lontano, dal governo D’Alfonso e la vendita avrebbe restituito al Covalpa un paio di milioni di euro, mentre 800.000 euro sarebbero stati utilizzati per il Fucino, avendo anche una copertura complessiva maggiore di quella che oggi hanno usato nel governo Marsilio (la vendita precedentemente cubava oltre 9 milioni, ad oggi invece solo 7 e spicci), il resto finanziava anche interventi per calamità naturali (compreso nel territorio marsicano) e dava copertura finanziaria alla legge per L’Aquila Città Capoluogo, la quale però era stata già impugnata dal governo centrale per incostituzionalità e sarebbe stata annullata, come infatti è accaduto, a metà del 2019.
Il resto, a parte le Pro Loco, erano, come le chiamano i consiglieri che hanno firmato il sub-emendamento, partire di giro. Tanto che oggi quei soldi li stanno usando ancora loro. In soldoni il giro è sempre lo stesso. Abbiamo semplificato la vicenda per renderla fruibile anche a chi di politica non interessa nulla.
Mentre è ben diverso, sotto il profilo di storicità, il fondo per l’impianto irriguo, partito nel 2016, che riguarda il settore agricolo e motore economico della Marsica: la nascita di un impianto irriguo per le campagne marsicane, che sia degno e adatto alle coltivazioni moderne. Stiamo parlando di un’economia importante per la Marsica, che configura un terzo del PIL abruzzese, un’opera non solo necessaria ma non più procrastinabile per l’economia delle stesse aree interne.
Facciamo un passo indietro: il Bando di gara per l’affidamento dei servizi di progettazione definitiva ed esecutiva per realizzare la rete irrigua in pressione per l’intera piana del Fucino è stato emanato il 21 aprile del 2020 ed è stato aggiudicato in via definitiva il 15 dicembre del 2021. Le prime attività progettuali sono iniziate nell’aprile scorso ed il raggruppamento temporaneo di imprese, affidatario del progetto, ha 120 giorni di tempo per consegnare all’ARAP il progetto esecutivo e il piano di sicurezza e coordinamento.
Ma facciamo ancora un passo più indietro ed andiamo nel 2017, quando veniva annunciato il Masterplan di cinquanta milioni di euro finanziati per costruire la nuova rete irrigua del Fucino e contrastare così la siccità. Una rete irrigua intubata (circa 150 km) che servirà a trasportare acqua su un’area che ha una estensione complessiva di 12 mila ettari.
Il progetto fu presentato dall’ex presidente della Giunta regionale, Luciano D’Alfonso, ai sindaci dei centri del Fucino, portatori interesse (associazioni di agricoltori), rappresentanti del Consorzio acquedottistico Marsicano, Arap e del Consorzio di Bonifica Ovest-Bacino Liri-Garigliano.
Nel corso della riunione, che si è svolse a Pescara nella sede della Regione Abruzzo e alla quale hanno preso parte anche l’ex presidente del Consiglio regionale Giuseppe Di Pangrazio e gli ex consiglieri regionali Lorenzo Berardinetti (presidente della Commissione agricoltura) e Maurizio Di Nicola (presidente della Commissione bilancio), furono affrontati anche altri temi riguardanti, in particolare, la costruzione di nuovi impianti di depurazione nella marsica, oltre a quelli già previsti e appaltati nei mesi precedenti, e il dragaggio dei canali che attraversano la piana del Fucino. Nella stessa seduta D’Alfonso dichiarò che era pronto a individuare altre risorse aggiuntive, pari a 20 milioni di euro, per ampliare il quadro economico dell’investimento. Quindi, a nostro avviso, è errato parlare dei soli 50 milioni, ma bensì si dovrebbe parlare di 70milioni, compresi i 20 che non sono più stati intercettati dall’attuale giunta regionale.
Ma non finisce qua, anche i Finanziamenti previsti dal Decreto del Ministro Calenda sull’ ENERGIE RINNOVABILI non sono stati presi in considerazione. Nel merito, si potevano utilizzare, eventualmente, anche gli ulteriori finanziamenti Europei previsti sia per l’Efficienza ENERGETICA che per i Contributi in natura (relativi ai terreni da poter utilizzare) ed allo Sviluppo Urbano di Città agricole.
Insomma, i nostri Consiglieri regionali marsicani avrebbero molto su cui riflettere e coll’altro da fare, ma a noi tornano sempre in mente le frasi dette in campagna elettorale e per tutti vale sempre la stessa regola: scendiamo in campo per difendere il territorio. Ma quale territorio?