Si chiama ‘litotrissia’, è la tecnica usata per ‘sbriciolare’ i calcoli renali grazie alle onde d’urto degli ultrasuoni, e si usa oggi anche all’interno delle arterie: le onde d’urto intravascolari, erogate nel punto giusto tramite mini-cateteri speciali, polverizzano selettivamente il calcio di troppo che indurisce i vasi e aumenta del 20% il rischio di infarti. Dopo l’intervento la rigidità dei vasi è inferiore al 50% ed è così possibile inserire senza rischi uno stent che mantenga le coronarie aperte. La litotrissia intravascolare, efficace e sicura anche nei pazienti molto anziani, oggi è usata anche per rendere possibile la sostituzione per via transcutanea delle valvole cardiache calcificate.
Non è solo una partita di calcio a far ‘saltare’ il cuore degli italiani, ma anche il calcio che si trova come minerale nell’organismo, se è troppo e nel posto sbagliato: questo fondamentale elemento, quando si deposita in eccesso nelle coronarie o attorno alle valvole cardiache, può diventare il pericolo numero uno per il cuore. Se sulle pareti delle arterie o sui lembi delle valvole si deposita troppo calcio infatti i tessuti diventano rigidi e non funzionano più bene, aumentando per esempio del 20% il rischio di infarto entro 10 anni e favorendo la stenosi aortica, un indurimento della valvola che diventa più probabile con l’invecchiamento e che può provocare insufficienza cardiaca: ne hanno discusso gli esperti della Società Italiana di Cardiologia Invasiva (GISE) durante il congresso EuroPCR 2022, a Parigi dal 17 al 20 maggio, sottolineando però che oggi esiste la possibilità di intervenire per ‘polverizzare’ gli accumuli di calcio in eccesso. In occasione di una sessione tematica sono stati infatti presentati i risultati possibili con la litotrissia intravascolare, una tecnica che utilizza le onde d’urto degli ultrasuoni per spezzettare gli accumuli di calcio come fossero un guscio d’uovo, in maniera efficace ma sicura al tempo stesso, tanto da poter essere impiegata anche in anziani fragili e nei pazienti candidati alla sostituzione della valvola aortica per migliorare l’esito dell’intervento.
“La calcificazione delle coronarie e delle valvole cardiache è un riscontro comune all’aumentare dell’età – spiega Giovanni Esposito, presidente GISE – Con il tempo il calcio tende a depositarsi in questi tessuti e calcificazioni gravi si possono osservare anche fino al 30% dei pazienti sottoposti ad angiografia coronarica, mentre le stenosi valvolari sono il risultato della calcificazione delle valvole associata all’invecchiamento. L’irrigidimento indotto dal calcio è molto pericoloso, perché pregiudica la corretta funzione di vasi e valvole; se tuttavia con l’angiografia, una TAC coronarica, un’ecografia intravascolare o con la tomografia ottica computerizzata si verifica la presenza di calcificazioni coronariche ampie, queste oggi possono essere trattate in un numero sempre maggiore di pazienti con la litotrissia intravascolare, restituendo elasticità ai vasi e riducendo il rischio di infarti e insufficienza cardiaca”.
La litotrissia intravascolare, approvata nel nostro Paese dal 2017, è l’applicazione sui vasi arteriosi della strategia utilizzata per polverizzare i calcoli renali a base di calcio: nella coronaria da trattare viene inserito un catetere speciale, equipaggiato con micro-emettitori di onde d’urto a ultrasuoni in un palloncino simile allo stent.
“La pressione creata dalle onde d’urto non ha effetti sui tessuti ma spezzetta selettivamente il calcio, che però non si ‘sbriciola’ andando in circolo e rischiando così di occludere piccoli vasi – riprende Esposito – I pezzetti restano fra due strati di tessuto fibroso, come fossero in un sandwich: non fanno danni altrove ma essendo ‘sbriciolati’ non oppongono più resistenza, la rigidità della coronaria è inferiore al 50% ed è possibile inserire uno stent che la mantenga aperta. Posizionare uno stent senza aver ridotto la calcificazione del vaso può essere pericoloso, perché la rigidità della coronaria impone di usare una pressione molto elevata per gonfiare il palloncino e questo può portare a dissezioni del vaso”. L’intervento di litotrissia intravascolare da qualche tempo viene eseguito anche in pazienti anziani a cui deve essere sostituita una valvola cardiaca calcificata attraverso la TAVI, la procedura percutanea mininvasiva sempre più utilizzata per la sua efficacia e sicurezza: le onde d’urto non si usano sulla valvola, ma per ‘liberare’ le arterie attraverso cui devono passare i cateteri che trasportano la valvola sostitutiva e che hanno perciò un diametro ampio. “Se le arterie periferiche da cui si deve passare sono calcificate, come capita spesso in pazienti molto anziani come quelli a cui devono essere sostituite valvole cardiache irrigidite, il passaggio dell’ampio catetere con la valvola può diventare impossibile: la litotrissia può risolvere questi casi, eliminando la rigidità e gli ostacoli all’inserimento del catetere e consentendo così di poter eseguire l’intervento di sostituzione valvolare per via percutanea”, conclude Esposito.