Il terremoto della Marsica del 1915, noto anche come terremoto di Avezzano, fu un drammatico evento sismico avvenuto il 13 gennaio 1915 che devastò la regione storico-geografica della Marsica, in Abruzzo, e le aree limitrofe del contemporaneo Lazio, come la valle del Liri e il Cicolano, causando secondo il servizio sismico nazionale 30 519 morti. Il terremoto, classificato tra i principali sismi avvenuti in Italia per forza distruttiva e numero di vittime, interessò gran parte del centro Italia causando danni e vittime in diverse province.
I documenti storici e le indagini paleosismologiche effettuate nel territorio del Fucino rendono plausibili forti terremoti nei distretti sismici marsicani in epoca antica, come quello del 508 d.C., e nel corso del Medioevo. Nel 1231 un sisma con epicentro a San Germano, la contemporanea Cassino, causò gravi danni anche nell’area fucense-rovetana, così come avvenne con il sisma del 1315 e con il terremoto dell’Appennino centro-meridionale del 1349. Altri eventi sismici di rilievo causarono danni nella Marsica e nell’intera provincia aquilana negli anni 1456, 1461, 1654, 1695, 1703, 1706 e 1885.
Il 24 febbraio 1904 un terremoto di magnitudo stimata di 5.7 con epicentro a Rosciolo dei Marsi causò gravi danni al patrimonio architettonico dell’area, non facendo tuttavia registrare alcuna vittima. Pochi mesi dopo, il 2 novembre dello stesso anno, un sisma di magnitudo 4.8 fu registrato nel distretto sismico fucense. La stessa magnitudo fu registrata nella Marsica Occidentale il 22 febbraio 1910 e nella Marsica Orientale il 14 aprile 1914.
Dopo circa sei anni dal terremoto di Messina avvenuto il 28 dicembre 1908, pochi mesi prima dell’ingresso nella prima guerra mondiale, l’Italia tornò ad essere funestata da un violentissimo sisma.
Esso avvenne mercoledì 13 gennaio 1915, stando ai dati ufficiali dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, alle ore 07:52:43 (mentre un telegramma informativo inviato dal comune di Tagliacozzo al Ministero dell’interno riporta le ore 07:48). La scossa principale di origine tettonica, secondo il sismologo Alfonso Cavasino, non fu preceduta da alcun evento premonitore tale da creare un particolare allarme. La sua intensità fu pari all’XI grado della scala Mercalli; in seguito la sua magnitudo fu stimata in 7.0 Mw. L’epicentro fu localizzato nella conca del Fucino in Abruzzo, ma l’ondata sismica colpì anche altre zone dell’Italia centrale come il Lazio, le Marche e parte della Campania, con effetti pari o superiori al VII grado della scala Mercalli. Nei mesi successivi si registrarono circa 1.000 repliche.
La scossa fu avvertita dalla Pianura Padana alla Basilicata, mentre a Roma i suoi effetti furono classificati tra il VI ed il VII grado della scala Mercalli.
Il sisma del 1915, per forza distruttiva e numero di vittime, è classificato tra i principali terremoti avvenuti in territorio italiano. Nel computo dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia le vittime furono 30.519, di cui oltre 10.000 nella sola città di Avezzano. Oltre al capoluogo del circondario marsicano i cosiddetti “quattro undicesimi della scala Mercalli” furono rilevati a Cappelle dei Marsi, Gioia dei Marsi e San Benedetto dei Marsi, località dove la distruzione fu pressoché totale.
La scossa fu avvertita anche nella capitale, producendo danni ad alcuni edifici, nonostante ciò il governo Salandra tardò molto a comprendere la vastità dell’area coinvolta e la gravità delle conseguenze: l’allarme in tutta la sua drammaticità fu lanciato ben dodici ore dopo la scossa principale con i lenti mezzi di comunicazione dell’epoca dal comune di Sante Marie. I primi inadeguati soccorsi giunsero nelle aree colpite solo all’alba del giorno successivo. I soccorsi ufficiali, avviati dal Genio militare, furono coordinati ad Avezzano dal Commissario Regio, Secondo Dezza.
In Abruzzo, oltre all’area fucense e rovetana, risultarono isolate e gravemente danneggiate anche le valli dell’Aterno e del Tirino. Nel mandamento di Borgocollefegato, la contemporanea Borgorose, e a Sora si registrarono centinaia di vittime e ingenti danni al patrimonio architettonico, al pari di molti centri del Cicolano e della valle del Liri. Più di 9.000 uomini, fra militari e civili, furono impegnati in soccorsi, trasporto dei feriti negli ospedali e distribuzione dei viveri. A coloro che si distinsero maggiormente fra i soccorritori fu, in seguito, concessa una medaglia di benemerenza dal duca di Genova Tommaso di Savoia, che venne nominato Luogotenente Generale del Regno da Vittorio Emanuele III.
L’evento sismico mise in evidenza l’impreparazione e, in parte, l’impotenza dello Stato italiano. Erminio Sipari, deputato del collegio di Pescina, portò al governo la protesta per quelle vittime che in caso di soccorsi tempestivi probabilmente si sarebbero potute evitare e da subito chiese l’assegnazione di fondi per la ricostruzione della Marsica.
Quattro mesi dopo il sisma, per l’ingresso in guerra dell’Italia, i militari furono richiamati in anticipo verso il fronte friulano. Nonostante la gravità della situazione, i giovani marsicani furono richiamati al servizio militare e costretti a partecipare al conflitto mondiale in corso; di questi, oltre 2.000 persero la vita lungo l’Isonzo e sul Carso.
Con il terremoto del 1915 crollarono edifici e monumenti come il castello Orsini-Colonna, la collegiata di San Bartolomeo, il teatro Ruggeri, il palazzo Torlonia e la Regia scuola normale e complementare femminile “Maria Clotilde di Savoia”. Per ospitare i terremotati furono realizzate nei mesi successivi delle strutture conosciute come “casette asismiche”, in parte ancora esistenti, che rappresentano in qualche modo la memoria storica e tangibile dell’evento.
In seguito alla tragedia al governo italiano giunse la solidarietà dei paesi europei inclusa addirittura l’Austria, successivamente nemica sul fronte della prima guerra mondiale, i cui rappresentanti inviarono un messaggio ufficiale di solidarietà al ministro degli affari esteri, Sidney Sonnino, in una fase antecedente all’intervento militare italiano. Si susseguirono molti gesti solidali come l’arrivo nelle zone colpite dal sisma dell’allora re d’Italia Vittorio Emanuele III e di personaggi come Guglielmo Marconi e Gaetano Salvemini, le preghiere di papa Benedetto XV, l’aiuto alle migliaia di orfani di don Luigi Orione, san Luigi Guanella e dell’allora vescovo dei Marsi, Pio Marcello Bagnoli, i soccorsi del patriota Nazario Sauro e dei compagni irredentisti. Molti furono gli intellettuali del tempo a richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica verso la tragedia; tra questi figurano Ignazio Silone, Benedetto Croce e Gabriele D’Annunzio.
Numerose amministrazioni comunali di tutta Italia si adoperarono con le raccolte di fondi per fronteggiare l’emergenza.