Ormai in questi anni ne abbiamo viste di tutte. Dpcm, decreti legge, ordinanze dei Presidenti di Regione, ordinanze dei Sindaci. E quante volte una legge era diversa, se non addirittura contraddittoria, dall’altra? Basti ricordare quando Marsilio si era arrogato il diritto di “colorare” l’Abruzzo a suo piacimento e il Ministro della Salute fu costretto a diffidare la sua ordinanza. Oggi tocca alla Campania. Il Presidente Vincenzo De Luca, conscio dell’ingente aumento dei contagi e della difficile situazione che colpisce il suo territorio con ospedali in affanno e veri e propri lazzaretti nei condomini della Napoli “velata”, sospende le lezioni in presenza fino al 29 Gennaio. Il Tar dice No.
Ed è un “No” secco, che non lascia spazio ad altre possibili interpretazioni.
Erano stati presentati tre ricorsi contro la decisione di De Luca (tra questi, uno dell’Avvocatura dello Stato). Tra le motivazioni per cui il Tribunale Amministrativo Regionale, nella V sezione presieduta dal giudice Maria Abruzzese, ha sospeso l’esecutività dell’Ordinanza c’è il fatto che la Regione non rientra nelle zona Rossa (fascia con maggior rischio pandemico) e soprattutto “non risulta alcun focolaio specificatamente riferito alla popolazione scolastica”.
Accolte quindi le richieste dei genitori “No Dad” anche perché l’oggetto dell’ordinanza è ampiamente trattato dal decreto del Governo in concerto con il Ministero della Salute. De facto e de iure, la posizione di De Luca si presenta in contrasto con le decisioni vigenti a livello nazionale.
Dalla sua, il presidente campano aveva ritenuto le misure governative “inattuabili e virtuali” in una regione dove la popolazione giovanile è maggiore rispetto a tutte le altre regioni d’Italia, dove l’Rt di ospedalizzazione è pari a 1,78 e dove il contact tracing si potrebbe perdere da un momento all’altro.
L’episodio della Campania è ora un esempio su scala nazionale. La sentenza del Tar crea un precedente difficile da ribaltare. L’Abruzzo (in zona gialla come la Campania) non avrebbe modo di richiedere una sospensione delle lezioni in presenza, con i dati di oggi.
A meno che non vi siano parametri di ospedalizzazione da zona rossa, con le percentuali delle occupazioni dei posti letto di Terapia intensiva che vertono alle stelle. E, a fronte del recente passato, nessuno si augura lo scenario dello scorso anno.
Ci dovremmo porre le stesse domande di prima. Gli ospedali sono stati potenziati dopo due anni di pandemia? Il personale sanitario è aumentato? I posti di degenza in terapia intensiva sono aumentati a livello regionale?
Fortunatamente, pur con contagi che dilagano ovunque, la situazione non è la stessa di un anno fa. Grazie ai vaccini e a chi ha superato la malattia, la tanto osannata “immunità di gregge” potrebbe essere la luce all’uscita del tunnel di questa variante. Salvo nuove “combinazioni” del virus.
D’altra parte, due anni di Dad sono stati tanti. Troppi. Sarebbe inutile chiudere le scuole, ma consentire ai propri figli di vedersi lo stesso in piazza, al bar o in pizzeria.
Formazione e cultura hanno già sacrificato troppo. A questo punto, si spera che il ritorno in presenza a scuola valga la pena almeno per formare forze nuove in grado di riprendersi in mano il proprio futuro con maggiore coscienza di ciò che stiamo vivendo.