L’AQUILA – Un’ampia mole di studi trasversali ha evidenziato l’impatto negativo immediato della pandemia COVID-19 sulla salute mentale degli operatori sanitari esposti in prima linea nell’emergenza sanitaria. Un limitato numero di studi longitudinali, tuttavia, ha indagato l’evoluzione di tale sintomatologia nel tempo.
In tale direzione, lo studio condotto dall’Università degli Studi dell’Aquila, l’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata” e Territori Aperti (Centro di documentazione, formazione e ricerca per la ricostruzione e la ripresa dei territori colpiti da calamità) ha evidenziato, per primo in Italia, il notevole impatto psicologico della prima ondata epidemica di COVID-19 negli operatori sanitari esposti in prima linea, con elevati tassi di prevalenza di sintomatologia depressiva, ansiosa, post traumatica e di insonnia.
La seconda fase dello studio ha previsto una raccolta dati di follow up finalizzata a monitorare l’andamento della sintomatologia in tale popolazione a 14 mesi dall’inizio dell’emergenza sanitaria.
I risultati dello studio di follow-up, pubblicati sulla rivista JAMA Network Open, evidenziano un miglioramento complessivo della salute mentale degli operatori sanitari italiani, con una diminuzione nel tempo della sintomatologia depressiva, ansiosa, post traumatica e di insonnia.
L’analisi delle traiettorie di evoluzione sintomatologica ha evidenziato, infatti, la persistenza dei sintomi di depressione, ansia, post traumatici e di insonnia, rispettivamente, nel 9.6%, 6.4%, 24% e 1% del campione considerato, con un rischio maggiore per gli operatori sanitari esposti in prima linea nella gestione dell’emergenza sanitaria per un periodo di tempo prolungato. Per contro, l’interruzione del servizio nei reparti di prima linea si associava a una significativa diminuzione della sintomatologia riportata.
Lo studio è disponibile al seguente link:
https://jamanetwork.com/journals/jamanetworkopen/fullarticle/2786545